Mafia, nuovo sequestro per Grande Aracri a Brescello
Il blitz dei carabinieri stamattina a Brescello a un anno e mezzo di distanza da quello del 2013. Il sequestro è da mezzo milione di euro: confiscati beni per tre milioni
BRESCELLO (Reggio Emilia) – Un altro sequestro di beni riconducibili alla cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri, stamattina a Brescello, dopo quello avvenuto nel novembre del 2013. Nel mirino c’è sempre Francesco, fratello del boss calabrese Nicolino, quello che il sindaco di Brescello Coffrini definì una “persona educata e composta”.
I giudici devono avere un’opinione diversa di lui perché i carabinieri del comando provinciale di Reggio hanno eseguito una nuova misura patrimoniale preventiva, emessa dal tribunale di Reggio Emilia su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, che riguarda immobili di proprietà di prossimi congiunti di Francesco Grande Aracri per un valore complessivo di circa mezzo milione di euro.
Sequestrata un’azienda per la lavorazione del marmo
Gli ulteriori sequestri odierni, a firma del collegio presieduto dal presidente del tribunale di Reggio Emilia Francesco Caruso, sono conseguenza di un’ulteriore richiesta avanzata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna (pubblico ministero Marco Mescolini), sulla scorta delle nuove risultanze emerse durante le diverse udienze dibattimentali svoltesi in relazione al sequestro del 2013, supportate da oggettivi riscontri eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Emilia. Stavolta sono stati sequestrati un’azienda per la lavorazione del marmo che è nella stessa area già sottoposta a sequestro, intestata a Paolo Grande Aracri e Carmelina Passafaro, figlio e nuora di Francesco, quest’ultima moglie dell’altro figlio Salvatore, nonché un’abitazione ed un’autorimessa intestate alla figlia Rosita.
Il precedente sequestro da tre milioni sfociato poi in confisca
Nel novembre del 2013 furono sequestrati beni per tre milioni di euro dai carabinieri tra Reggio, Brescello e Catanzaro: conti correnti bancari, magazzini, appartamenti, aziende e veicoli. Oggi la situazione si è aggravata per i Grande Aracri perché quei beni sono stati confiscati e quindi sono stati intestati all’Erario. Anche allora si trattava di un sequestro patrimoniale preventivo anticipato, come previsto dall’articolo 22 del decreto legislativo 159 del 2011, che contempla tra i provvedimenti d’urgenza il sequestro preventivo nel caso vi sia concreto pericolo che i beni di cui si prevede debba essere disposa la confisca vengano dispersi, sottratti o alienati.
L’ipotesi degli inquirenti è che i beni sequestrati siano frutto di attività illecite e gli inquirenti, ravvisando il pericolo che venissero intestati a terze persone non direttamente riconducibili alla famiglia Grande Aracri, hanno deciso di porli sotto sequestro.
Francesco Grande Aracri fu condannato dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza del 19 aprile 2009 alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso per fatti accaduti nel 2002. Ora è soggetto al regime di sorveglianza speciale ed è considerato il punto di riferimento dell’ndrangheta in Emilia.
La pericolosità della cosca
La pericolosità e la penetrazione della cosca cutrese in Emilia è stata recentemente richiamata dall’operazione dell’Arma e Dda bolognese “Aemilia” che coinvolge centinaia di indagati dei quali oltre 60 per associazione mafiosa, nella quale viene richiamata e ne compone il castello accusatorio l’indagine “Edilpiovra” dei Carabinieri di Reggio Emilia, svolta tra il 2001 ed il 2003 per la quale Francesco Grande Aracri venne condannato nel 2008, con sentenza definitiva, a 3 anni e 6 mesi per il reato di partecipazione, con ruolo sovraordinato ad associazione di stampo mafioso.
La commissione di indagine nel municipio di Brescello
Contestualmente nel municipio di Brescello proseguono i lavori della commissione di indagine della quale fa parte anche un ufficiale dell’Arma, nominata dal prefetto di Reggio Emilia delegato dal ministro dell’Interno nel mese di maggio 2015 per verificare il condizionamento della cosca Grande Aracri all’interno dell’amministrazione. Anche in questo caso l’accertamento è originato da una relazione informativa del locale comando provinciale carabinieri richiesta dallo stesso prefetto Raffaele Ruberto, al quale viene fornita la massima collaborazione per lo svolgimento dei relativi adempimenti. L’applicazione della confisca e della nuova misura patrimoniale antimafia, avvalora ulteriormente la pervasività della ‘ndrangheta nel contesto reggiano e conferma l’incessante lavoro dell’Arma e della magistratura emiliana.
La condanna di Nicolino Grande Aracri a 30 anni per omicidio
Fra l’altro oggi si ha notizia che con tre condanne ed una conferma di assoluzione si è concluso il processo di secondo grado nei confronti di altrettanti presunti affiliati alle cosche della ‘ndrangheta del crotonese. La sentenza è stata emessa dai giudici della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro. Fra questi il boss Nicolino Grande Aracri, fratello di Francesco, attualmente in carcere, che è stato condannato alla pena di 30 anni rispetto all’assoluzione di primo grado; Salvatore Nicoscia e Vito Martino sono stati condannati rispettivamente a 25 e 30 anni di reclusione. I giudici hanno confermato l’assoluzione per Ernesto Grande Aracri, fratello di Nicolino.
Gli imputati sono accusati di essere coinvolti a vario titolo in cinque omicidi compiuti all’inizio degli anni 2000 durante lo scontro tra gruppi contrapposti della ‘ndrangheta per il controllo del territorio. La sentenza di primo grado era stata emessa nel luglio del 2012. Il pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, aveva chiesto la condanna degli imputati all’ergastolo.