Operazione “Scacco Matto”, 30 anni al boss Nicolino Grande Aracri
I giudice della Corte d’appello lo hanno riconosciuto mandante per cinque tra omicidi di mafia e casi di lupara bianca. Condannato anche Vito Martino di Boretto
REGGIO EMILIA – E’ il mandante di cinque tra omicidi e sparizioni stile “lupara bianca” al centro del processo “Scacco Matto”. Per questo il capoclan Nicolino Grande Aracri – considerato il boss della ‘ndrangheta di Cutro e Reggio Emilia – è stato condannato in appello a 30 anni di reclusione. I giudici di Catanzaro hanno così rivoluzionato la sentenza di primo grado, che vedeva “Manuzza” assolto. Stessa condanna anche per Vito Martino, 44 anni, cutrese che prima della carcerazione risiedeva a Boretto, da cui faceva la spola con la Calabria; per lui in primo grandi la pena era stata quella dell’ergastolo. In primo grado il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia Pier Paolo Bruni aveva chiesto per i loro e gli altri due imputati l’ergastolo; in secondo il procuratore generale Raffaella Sforza ha ribadito la richiesta.
Grande Aracri, che per tre anni abitò nella nostra città, attualmente è detenuto nel carcere di Opera a Milano. Sino per diversi anni è invece stato in una cella nell’ala destinata ai detenuti sottoposti al 41 bis del penitenziario di Parma.
Guerra di mafia. Gli omicidi (sono 7 ma il boss è stato condannato per 5 delitti) per la Dda di Catanzaro si inseriscono nella lotta che ha visto dalla metà degli anni ’90 il clan Dragone opposto agli uomini capeggiati da Grande Aracri, ex fidato luogotenente proprio dei boss Dragone, padre e figlio, entrambi finiti ammazzati nella “guerra” per il controllo del territorio e delle attività illecite a Reggio e Cutro.
Vito Martino ha, in secondo grado, evitato l’ergastolo perché non sarebbe stata sufficientemente provato il suo coinvolgimento nel doppio omicidio – avvenuto in un bar di Isola – di Franco Arena e Francesco Scerbo, freddati il 2 marzo 2000 a Isola Capo Rizzuto (il primo era il vero obiettivo dei killer, il secondo era un cliente del bar che si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato). All’epoca Grande Aracri si era alleato con la cosca Nicoscia, impegnata in una lotta per il potere contro gli Arena – lotta simile a quella che si svolgeva tra Reggio Emilia e Cutro contro i Dragone, con ambiziosi “uomini nuovi” che tentavano con la violenza omicida di diventare i nuovi “re”.
Nicolino Grande Aracri è implicato anche nell’operazione antimafia “Aemilia” – che ha messo a fuoco anche molti aspetti dell’impero criminale che il boss ha costruito -, per una vicenda di una richiesta estorsiva ad un imprenditore costretto a pagare il clan dopo l’incendio di tre suoi automezzi.
Scacco Matto: i delitti. Gli imputati erano accusati di essere coinvolti a vario titolo in sette omicidi avvenuti tra fine degli anni Novanta e gli anni 2000 nel crotonese. Nicolino Grande Aracri e Vito Martino erano accusati, in concorso, il primo come mandante e il secondo come esecutore materiale dell’omicidio di Antonio Simbari, imprenditore edile cutrese emigrato a Cremona, ucciso il 22 agosto 1999 in Calabria, dove era rientrato per le ferie estive. Nicolino Grande Aracri è accusato, quale mandante, dell’omicidio di Raffaele Dragone (figlio del boss Antonio, era appena uscito dal carcere) e Tommaso De Mare, avvenuto a Santa Severina il 31 agosto 1999.
Nicolino Grande Aracri, Ernesto Grande Aracri (poi assolto) e Vito Martino (il primo come mandante e gli altri come esecutori) erano accusati dell’omicidio di Antonio Macrì, cutrese, attirato in una trappola, e dell’occultamento del cadavere tramite sotterramento. L’omicidio sarebbe avvenuto a Cutro il 21 aprile 2000; la vittima era il genero del boss Dragone.
Nicolino Grande Aracri, Ernesto Grande Aracri (poi assolto) e Vito Martino erano accusati dell’omicidio di Rosario Sorrentino, avvenuto a Cutro il 16 agosto 2000: l’uomo sarebbe stato attirato in una trappola e dopo l’uccisione il cadavere sarebbe stato fatto sparire tramite sotterramento.
Le accuse si completavano con il duplice nel bar di Isola, del 2 marzo 2000.