Grasso: “Deriva avvilente, la politica torni a servire il bene comune”
Oggi i festeggiamenti della Liberazione in piazza Martiri del 7 Luglio e a Gattatico. Vecchi: “L’Europa che è nata nel pensiero ‘confinato’ di Ventotene non può naufragare sull’isola di Lesbo”. Manghi: “Costruire una nuova Resistenza contro le mafie”
REGGIO EMILIA – La piazza, istituzionale, la mattina e, nel pomeriggio, il folclore e calore di Gattatico e della casa colonica della famiglia Cervi accanto alla quale, come ogni anno, si sono radunate migliaia di persone per festeggiare con cibo, musica e impegno sociale il 25 Aprile. Sono le due facce della festa della Liberazione.
Il sindaco Luca Vecchi ha celebrato stamattina, con il presidente del Senato Pietro Grasso e una folla di cittadini, il 71° anniversario della Liberazione. Fra le altre autorità presenti il prefetto Raffaele Ruberto e il presidente della Provincia Giammaria Manghi. Dopo la messa nella basilica della Ghiara celebrata dal vicario generale monsignor Alberto Nicelli, il corteo fino al monumento ai Martiri della Resistenza e al vicino memoriale dei Caduti, dove sono state deposte corone di alloro, si sono svolti gli interventi in piazza Martiri del 7 Luglio.
Vecchi: “L’Europa che è nata nel pensiero ‘confinato’ di Ventotene non può naufragare sull’isola di Lesbo”
Il sindaco Vecchi, nel suo discorso, ha parlato innanzitutto di Europa. “Un’Europa – ha detto – che trovò il coraggio e la forza di rinascere dalle proprie macerie” e che “mai come ora risulta così fragile e indebolita. Indebolita nell’incapacità di prospettare un futuro di crescita che sia pure un’iniezione di speranza per le giovani generazioni; indebolita perché incapace di assorbire e governare i grandi movimenti, i grandi flussi di migranti che dal sud del mondo raggiungono le coste e le terre europee; indebolita perché impotente di fronte all’assalto del terrorismo purtroppo più volte tragicamente manifestatosi nei tempi recenti. L’Europa, la nostra Europa, non può restare troppo a lungo a metà del guado. Non possiamo accontentarci di resistere al declino, limitandoci a rievocare il passato. L’Europa che è nata nel pensiero ‘confinato’ di Ventotene non può naufragare sull’isola di Lesbo”.
“L’Italia – ha concluso il sindaco – vive una fase in cui divisioni, cinismo, rancori, aggressività rischiano di diventare sentimenti dominati. Resistere allora significa anche lavorare affinché il 25 Aprile sia un momento di unità nazionale e memoria condivisa. Reggio Emilia sta vivendo una fase importante e delicata della propria storia: i fatti di Brescello, la prima sentenza del processo Aemilia. Questo ci chiama a guardare a quanto avviene con una coscienza morale e civile vigile, con piena consapevolezza e lucidità, dicendo no al tritacarne in cui buttare indistintamente e cinicamente tutto”.
Il presidente Grasso: “La politica deve tornare a servire il bene comune”
Dopo di lui ha preso la parola il presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha detto: “Il Paese oggi è scosso da un’avvilente caduta etica, dalla corruttela, dall’abuso delle funzioni e delle risorse pubbliche, dal crescere delle diseguaglianze e della marginalità, da un allontanamento dei cittadini dai partiti e dalla politica. Ebbene, dobbiamo reagire con la nostra opera, con la nostra intelligenza e il nostro cuore per opporre al cinismo, all’egoismo e all’indifferenza lo spirito di quegli anni, quello spirito che la Resistenza ha impresso per sempre nel concetto stesso di cittadinanza e di libertà. Un dovere che grava soprattutto sulla politica, che deve tornare a servire il bene comune; ad animare spinte ideologiche soprattutto fra i giovani; a pensare e costruire progetti strategici per il futuro del Paese; ad offrire a tutti l’opportunità di realizzarsi. Anche ciascun cittadino deve sentire lo stesso dovere, sforzandosi di perseguire gli stessi ideali, di ricondurre ad unità i propri valori individuali, come i sette fratelli e papà Cervi, in modo da fornire il proprio contributo alla nostra democrazia”.
E anche Grasso ha voluto affrontare il problema dell’unità e dell’identità dell’Europa. Ha aggiunto: “Dagli orrori della guerra nacque anche il grande sogno dell’Europa unita, che si è realizzato nel più grande spazio di libertà, diritti e pace della storia dell’umanità. Un sogno che oggi rischia di sgretolarsi sotto i colpi dell’egoismo, dell’indifferenza e del tradimento dei valori comuni. L’Unione, di fronte alle prime grandi crisi che ha dovuto affrontare, quella economica e quella dei rifugiati, si è scoperta divisa e incapace di solidarietà. Nel cuore dell’Europa stiamo vedendo tornare rigurgiti di nazionalismo e recinti di filo spinato, proprio tutto ciò contro cui hanno combattuto le nostre partigiane e i nostri partigiani”.
Il pomeriggio al museo Cervi
Più tardi, nel pomeriggio, sempre con Manghi e Vecchi e Albertina Soliani, presidente dell’istituto Cervi, il presidente Grasso è andato al museo Cervi di Gattatico dove, come tutti i 25 Aprile si festeggia la giornata della Liberazione nei prati attorno alla casa colonica che fu della famiglia Cervi. Insieme a Grasso le autorità locali, Rosi Romelli (la più giovane partigiana italiana), Nita Yin Yin Mai (memoria della Resistenza birmana) e Jean Bassmaji (voce dell’odierna realtà siriana).
Qui Grasso ha parlato del sacrificio della famiglia Cervi: “Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio, Ettore: sette uomini legati dal vincolo di sangue che insieme hanno vissuto, lavorato, hanno combattuto e sono morti – “uno era come dire sette, sette era come dire uno” – uniti ancor di più dal forte ideale in virtù del quale reagirono ai soprusi della dittatura fascista e dell’occupazione nazista. La loro storia e quella dei loro genitori, Alcide e Genoveffa, è tra le più drammatiche e insieme emblematiche di quei terribili mesi”.
E ha aggiunto: “Essere qui il 25 aprile significa per me onorare la memoria di questa famiglia che è stata protagonista della Resistenza, e dalla cui vicenda umana è scaturito un esempio che ancora oggi è in grado di scuotere le nostre coscienze. Una storia che non dobbiamo mai smettere di raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti, perché ha in sé la parabola intera del nostro essere cittadini di questo Paese. Unisce le tradizioni cattoliche e socialiste, la cultura contadina e la capacità di rinnovarsi e crescere, la giusta aspirazione allo spezzare le proprie catene e lo sguardo limpido a un futuro solidale e internazionalista”.
Infine ha concluso: “La seconda parola è “responsabilità”. Alcide Cervi, nel ricordare le convinzioni che animavano l’azione dei suoi ragazzi, diceva: “hanno sempre saputo che c’era da morire per quello che facevano, e l’hanno continuato a fare, come il sole fa l’arco suo e non si ferma davanti alla notte”. Avevano mogli, figli, una terra da custodire. Avevano moltissimo da perdere eppure prevalse il senso di responsabilità verso la nazione e gli ideali che amavano. Un insopprimibile desiderio di libertà, giustizia e uguaglianza li convinse senza molte esitazioni ad agire, lucidamente e coraggiosamente, consapevoli dei rischi che avrebbero corso. Diedero ospitalità, cibo e cure a più di ottanta giovani ribelli, di ogni nazionalità, che si opponevano all’invasione. Non credo di sbagliarmi nel pensare che se fossero qui tra noi, oggi, aprirebbero con la stessa generosità e la stessa voglia di giustizia e uguaglianza le loro porte a chi fugge dall’invasione del fondamentalismo islamico, dalle guerre e dalle carestie in molte parti del mondo. E che dopo cena a unirli, invece che l’Internazionale cantata in coro ma in lingue diverse, come racconta Alcide, potrebbe essere proprio la canzone simbolo della Resistenza, Bella ciao, che abbiamo sentito risuonare in ogni parte del mondo durante le proteste degli ultimi anni”.
Il presidente della Provincia, Giammaria Manghi: “Costruire una nuova Resistenza contro le mafie”
Dal palco ha anche parlato il presidente della Provincia, Giammaria Manghi che ha rivolto un invito alla comunità reggiana affinché “non solo a parole, ma con il nostro agire quotidiano, ognuno di noi, ad ogni livello, raccolga idealmente il testimone dalla generazione che ci ha liberato dal nazifascismo per costruire una nuova Resistenza contro le mafie”. E un appello all’Unione europea e ai governi nazionali “perché prendendo le mosse dalla nostra Costituzione, così ispirata dalle sofferenze e dai valori della Resistenza italiana, si impegni a vincere la sfida delle migrazioni e la minaccia del terrorismo senza chiudere i confini e cedendo nuovamente alla tentazione di far prevalere gli egoismi nazionali”.
Manghi ha comunque voluto ribadire “che gli imputati del processo Aemilia sono solo una delle parti in causa, sono soltanto una parte, una minima parte della comunità reggiana, anche se un solo ‘ndranghetista è comunque di troppo in questa terra che è terra di Resistenza, di Liberazione, di padri e madri costituenti e, dunque, terra intrisa di valori che rappresentano l’antitesi della cultura mafiosa: libertà, democrazia, dignità, uguaglianza, lavoro, cultura dei diritti e della solidarietà”.
E ha concluso: “Il processo Aemilia non è un processo ad una comunità nella sua interezza, ma ad un gruppo di persone, ad un sistema che ha prodotto eversione mafiosa. La comunità reggiana – il “tutto” – è quella che è qui, oggi, in questa piazza a riaffermare gli ideali e i valori che la Resistenza ci ha tramandato; è quella che vede tutte le istituzioni, dal prefetto al più piccolo dei Comuni, impegnate a collaborare in maniera alacre, costante e credibile per garantire ordine e sicurezza e per dotarsi di strumenti normativi – come i tanti protocolli per la legalità che abbiamo già sottoscritto e i prossimi che sigleremo – che aiutino le pubbliche amministrazione a prevenire, nel quotidiano agire, ogni tentativo di infiltrazione; è quella fondata su di una cittadinanza attiva – a partire proprio dai nostri giovani – intenzionata a riaffermare il proprio convinto rifiuto a ogni tentativo di prevaricazione e di infiltrazione mafiosa e a tenere alta, anche dal punto di vista culturale, una barriera che siamo impegnati a rafforzare sempre di più”.