La proposta shock: “Debito pubblico, non paghiamo gli interessi per 2 anni”
Lo scrittore e filosofo Marco Bersani va controcorrente e smonta la narrazione prevalente: “E’ una trappola ideologica per farci soccombere al liberismo”
REGGIO EMILIA – “Qualcuno dice che se non paghiamo il debito mandiamo in malora il risparmio dei cittadini. Oggi il debito pubblico è in mano per il 35 per cento a investitori esteri e per il 65 per cento agli italiani. Ma solo il 6 per cento di questo è delle famiglie. Se aggiungiamo i fondi pensione, si arriva al 13 per cento. Quel tredici sono per pagarlo domani mattina, ma l’altro 87 per cento sono per iniziare a discutere se pagarlo o meno”.
Lo ha detto Marco Bersani, scrittore e socio fondatore di Attac Italia, ieri alla Cgil, durante l’incontro su “La truffa e la trappola del debito pubblico”, il primo di una serie di dibattiti che si terranno alla Camera del lavoro in questi mesi su cultura, lavoro, attualità ed economia. Una teoria, quella di Bersani, controcorrente rispetto alla narrazione mainstream e per questo interessante. Per chi volesse approfondire l’economista ha anche scritto un libro, “Dacci oggi il nostro debito quotidiano”, su questo argomento.
“Debito, congeliamo il pagamento degli interessi per due anni”
Dice Bersani: “Se il debito è pubblico, tutti dobbiamo conoscerlo e sapere se è legittimo o illegittimo, se è odioso o meno. Queste sono categorie internazionali e il debito odioso può essere rimesso in discussione. Io dico: ‘Si faccia un’indagine sul debito pubblico nazionale e su quale parte è illegittima a e quale odiosa e poi si decida che farne’. Anche perché il pagamento del debito non può pregiudicare i diritti delle persone. Questo lo dice la Carta dell’Onu. Basterebbe che l’Italia, la Spagna, la Grecia dicessero che congelano il pagamento degli interessi per due anni. Questo per mettere tutti intorno a un tavolo e per discuterne. Non lo permette il fatto che il debito è diventato una trappola ideologica. Eppure questo è avvenuto più volte nella Storia. Il primo annullamento del debito di cui abbiamo conoscenza è del 2400 avanti Cristo nel regno di Hammurabi che proporrei come presidente della Unione europea”.
Il debito, una trappola ideologica
Ma perché il debito è diventato una trappola ideologica? Spiega Bersani: “Friedman diceva che lo choc serve per fare diventare politicamente inevitabile quello che è socialmente inaccettabile. Lui si riferiva al colpo di Stato di Pinochet in Cile dopo il quale hanno privatizzato tutto. Da noi non servono i carri armati, ma è sufficiente la finanza. Il debito è la trappola che serve. L’obbligo del pareggio di bilancio ha costituzionalizzato il modello liberista. La nostra Carta prima prevedeva, in teoria, qualsiasi tipo di modello economico, ma, con il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione, oggi è possibile solo il modello liberista. Interrompere questa narrazione diventa fondamentale, perché, in ogni lotta che facciamo, si deve inserire la questione del debito. La questione delle risorse deve entrare in ogni vertenza in atto, altrimenti le nostre lotte saranno inefficaci”.
“La favola liberista del benessere generalizzato non funziona più. Deve trasformarsi in un incubo”
Ma come siamo arrivati a questo punto? Dice Bersani: “Il modello liberista, per poter proseguire, deve attaccare tutte quelle che erano garanzie di qualità della vita delle persone. Non funziona più il discorso: ‘Lasciate fare al mercato che ci sarà benessere per tutti’. Questa, se ci pensate, è una forte debolezza del sistema capitalistico. Sono feroce, perché voi mi temete e la mia forza dura quanto dura il vostro timore. Non perché la pensate come me e perché vi ho convinti. La favola non funziona più. Non si può più dire: ‘Lasciate fare a noi, perché ci sarà un benessere generalizzato’. La favola deve trasformasi in un incubo. Devo spaventarvi con una narrazione che non vi convince da un punto di vista razionale, ma che mi fa ottenere la vostra rassegnazione. Il debito pubblico serve esattamente a questo”.
Il referendum sull’acqua pubblica
E fa l’esempio del referendum sull’acqua pubblica. “Nel 2011 noi in Italia abbiamo vinto un referendum sull’acqua pubblica. Questa è stata la cosa più antagonista che abbiamo fatto in 20 anni. Noi abbiamo detto che esistono dei beni comuni che vanno sottratti alle leggi del mercato. Il sistema ha risposto: ‘Bene, se privato non è bello comunque è obbligatorio e inevitabile. Non la pensate più come noi, ma noi dobbiamo andare avanti lo stesso. Dobbiamo andare avanti con la vostra rassegnazione’.
Se vi dico siamo in emergenza, c’è il default e il debito pubblico, c’è lo spread che si alza, voi vi spaventate. Se poi vi dico che questa è una crisi sistemica, vuol dire che non è passeggera e temporanea. E poi aggiungono (lo dicono dal 2007) che dall’inizio dell’anno prossimo si vedrà la ripresina. Se facciamo quello che ci dicono, prima o poi usciremo dalla crisi. Il debito pubblico serve a ottenere la nostra rassegnazione sul fatto che le politiche liberiste sono l’unica uscita dalla crisi”.
Come si è formato davvero il debito pubblico
Ma come si è formato il debito pubblico? Spiega Bersani: “A noi hanno raccontato che si è formato perché abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Tutti ci raccontano che il debito in Italia è esploso per l’aumento spropositato della spesa pubblica. Dal ’60 all”81 è stato sotto al 60 per cento in rapporto al Pil, un rapporto che viene considerato dai tecnocrati di Bruxelles come sano. Dall”81 al ’94 è schizzato al 120 per cento. Cosa è successo nel 1981? Avviene un divorzio fra la Banca d’Italia e il ministero del Tesoro. E avviene con due lettere. Non c’è stata nemmeno una ratifica parlamentare. Cosa comporta? Che lo Stato, quando si deve finanziare, non può più contare sul ruolo di compratore di ultima istanza che svolgeva la Banca d’Italia che acquistava a un interesse basso, prefissato, i titoli che lo Stato non vendeva. Così non si alzavano i tassi di interessi. Per renderli allettanti, dopo questo divorzio, si sono dovuti alzare i tassi di interesse e questo è uno degli elementi principali che ha portato al raddoppio del rapporto fra debito e Pil”.
“Dovremmo avere un Pil del 4 per cento annuo per ridurre il debito, per la dinamica degli interessi”
Bersani offre anche la controprova. “La controprova sta nel fatto che nello stesso periodo la spesa pubblica del nostro Paese è stata costantamente inferiore alla media della spesa europea. Questo proprio nel periodo in cui il debito pubblico è raddoppiato. Dal ’90 il nostro bilancio si è chiuso per 26 volte su 28 in avanzo primario, quindi le entrate sono state superiori alle uscite. Noi siamo indebitati perché ogni anno sul nostro debito paghiamo interessi che, per diversi anni, sono stati di 80-90 miliardi l’anno. Sono calati, grazie a Draghi, sui 48-60 miliardi l’anno. La questione del debito è quindi una trappola ideologica. Sul debito di 2.250 miliardi noi abbiamo pagato dall’80 ben 3.400 miliardi di interessi. Quando io sento i politici che esultano perché il Pil è passato dall’1.2 all’1.3 per cento mi metto a ridere. Noi dovremmo avere un Pil del 4 per cento annuo per ridurre il debito, per la dinamica degli interessi. Quanti politici hanno il coraggio di dirlo? Questo circolo vizioso è un nodo scorsoio che ci mettiamo intorno al collo e non ne usciremo se continuiamo così. Chi ha pagato le tasse, dal ’90 ad oggi, ha dato allo Stato 750 miliardi in più di quello che ha ricevuto in termini di servizi. Ma, allora, chi è in debito con chi?”.
“Il nostro Paese ha 9.000 miliardi di ricchezza e 2.000 miliardi di debito”
E quindi a cosa serve il debito? Risponde Bersani: “Il debito serve a dire che ogni rivendicazione che facciamo, nel mondo del lavoro o sociale, si deve trovare di fronte il mantra che dice c’è il debito pubblico e l’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione. Il nostro Paese ha 9.000 miliardi di ricchezza e 2.000 miliardi di debito, ma ogni imprenditore sa che un’azienda che ha un fatturato quattro volte superiore al proprio debito è un azienda sana. Perché non è un paese florido l’Italia? In parte perché questi soldi sono tutti della ricchezza privata, ma questo è il meno. Il fatto è che sono tutti orientati a servire interessi particolari. Noi siamo riusciti a privatizzare tutto il sistema bancario e finanziario. Nel ’92 la Germania aveva il 62 per cento di controllo pubblico e oggi il 51 per cento, la Francia il 36 per cento e oggi il 31 per cento. Noi avevamo il 74,5 per cento e oggi abbiamo lo zero per cento. Abbiamo privatizzato tutto il sistema bancario finanziario. Come la facciamo la riconversione ecologica della produzione? Se la Fiat, come accadrà prima o poi, non produrrà più auto per gli spostamenti delle persone, ma per un’altra mobilità chi determinerà questa riconversione? Come facciamo a riconvertire le aziende nell’interesse generale?”.