Stallo del pomodoro, tra la Contessa di Hannover e Slow Food
E’ un’osteria aperta 20 anni fa a Modena: ottime etichette di vini e menu con piatti senza glutine
REGGIO EMILIA – Per l’appassionato di buona cucina e grandi vini, il territorio comunale di Modena è una specie di Bengodi, dalla Bruciata verso Reggio ai quartieri lungo la via Emilia Est, attorno a Castelfranco in direzione Bologna. Della celeberrima “Osteria Francescana” di Massimo Bottura e dell'”Hosteria Giusti” di Laura Morandi, nei locali della antica omonima salumeria sulla centralissima via Farini, il vostro cronista ha già parlato. A Modena ci sono altri due ristoranti stellati Michelin, lo “Strada Facendo” di Emilio Barbieri, modenese di adozione, ma reggiano di origine, essendo nativo di Salvaterra, e “L’Erba del Re” di Luca Marchini, chef di origini toscane da poco più di un anno insignito del prestigioso titolo di presidente dell’associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe Italia.
Reggiana, di Casalgrande per la precisione, è anche Anna Maria Barbieri dell’elegante Antica Moka, ospitata in un villino a pochi chilometri dalla città. In centro, in via Sant’Agostino, c’è la minuscola “Cucina del Museo” di Alberto Vaccari e Paola, e poco più in lá, non lontano dalla Ghirlandina, c’è l’enoteca “Archer” di Marina Bersani, che tra parentesi è piacentina. In zona Policlinico c’è la “Franceschetta”, ora guidata dal giovane romano Bernardo Paladino, e mi fermo qui, per citare solo i più noti. Ma accanto a questi pesi massimi della ristorazione, a sottolineare la grande ricchezza di proposte enogastronomiche e la capacità di attrarre talenti della città della Ghirlandina, ci sono anche altri indirizzi.
Ad esempio, poco distante dal Teatro Storchi, c’è una piccola osteria, situata in Largo Hannover, una piazzetta intitolata alla contessa Carlotta di Hannover, consorte di Rinaldo d’Este, Duca di Modena e Reggio, che nei locali ora occupati dall’osteria aveva stabilito agli inizi del 1700 la scuderia dei cavalli. Lì, nella antica “Piazza dal pom d’or”, si teneva anche il mercato del pomodoro, cosa da cui la trattoria prende oggi il nome. Noi arriviamo allo “Stallo del Pomodoro” in un sabato sera di marzo umido e quasi primaverile. La piazzetta è piena di giovani con la birra in mano, avventori di un vicino pub. L’Osteria, aperta più di 20 anni fa, è un punto di riferimento anche per l’attivissima condotta Slow Food di Modena, che allo “Stallo del Pomodoro” organizza spesso e volentieri serate a tema, che hanno per protagonisti la cucina dell’Osteria e vini di culto.
La trattoria è angusta e un po’ rumorosa, ma calda e confortevole, i coperti sono circa 45, incluse le sedute sul soppalco. Ci accomodiamo in una saletta, abbellita alle pareti dalla sezione di una botte e da uno scaffale sui quali fanno bella mostra di sé decine di bottiglie, e tra queste scorgiamo anche tre vini di Carso e dintorni, il Terrano di Zidarich, quello di Skerlj e il Terrano 2015 del leggendario Marko Fon. Questo piccolo grande giacimento di vini d’autore si deve al lavoro di Nunzio Toselli, patron e oste di origini ferraresi, che da sempre coltiva la sua passione andando a scovare vignaioli e produttori di materie prime negli angoli più sperduti d’Italia e non solo. E’ lui stesso a dirci che in giornata si è recato da Serramazzoni, dove abita, a Fornovo, in Val di Taro nel Parmense, per acquistare al salumificio Bocchi una decina di cotechini. Il benvenuto ci viene dato con due polpettine di carne (con un pizzico di sale di troppo), bagnate nel balsamico tradizionale di Modena, e da un delizioso gnocco al forno di farine integrali.
Ai fornelli non c’è più lo chef Massimiliano Telloli detto Max, il suo posto è stato preso da alcuni mesi da Andrea e Caterina. La scelta del vino è un vero godimento, perché in carta si affollano etichette altrove pressochè introvabili, o quasi. Assistiti dal maitre Mattia, optiamo per un biologico siciliano, il Lagnusa (che in dialetto autoctono significa “pigra”, a indicare una vigna che produce vino in modiche quantità ma di buona qualità), un Nero d’Avola 2013 elegante e profumato, coltivato nella tenuta Feudo Montoni, nell’Agrigentino. Cominciamo la cena con un ottimo culatello con cotenna e gnocchini fritti. Poi il vostro cronista opta per i tortelli di ricotta di pecora, prodotta da un piccolo allevatore delle colline modenesi, con burro ed erbe aromatiche, un piatto dai sapori intensi e ben equilibrati. Per secondo arriva il brasato di triangolo di chianina (carne proveniente da un allevamento della Bassa Modenese vicino a Soliera) con le patate arrosto, che merita un voto alto, come il filetto di manzo con zucca, cipolla al balsamico e cicoria ordinato dalla mia commensale. Terminiamo la piacevole serata con un eccellente semifreddo allo zabaione con salsa al nocino e un altro dessert, il mascarpone con scaglie di cioccolato e frutti di bosco.
Il menu offre anche un’ampia proposta di piatti senza glutine. Alla fine ce ne andiamo via soddisfatti, il conto è più che onesto e anche le nostre tasche sono contente.