L’esperto: “Antenne e tumori, il rischio è probabile”

21 giugno 2018 | 15:46
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L’esperto: “Antenne e tumori, il rischio è probabile”

La dottoressa Fiorella Belpoggi: “C’è la possibilità, come avvenne con l’eternit, che solo fra 20 anni sapremo che danni hanno prodotto sui nostri figli. Serve un piano comunale, una diminuzione della potenza del segnale e bisogna evitare che siano vicine a scuole ed ospedali”

REGGIO EMILIA – “Antenne e tumori, il rischio è probabile. E’ possibile, come avvenne con l’eternit, che solo fra 20 anni sapremo che danni hanno prodotto le onde elettromagnetiche sui nostri figli. Serve un piano comunale, una diminuzione della potenza del segnale e bisogna evitare che i tralicci siano vicini a scuole ed ospedali”. Lo afferma, in un’intervista a Reggio Sera, la dottoressa Fiorella Belpoggi (foto), direttore del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna.

La dottoressa interviene relativamente alla protesta dei residenti contro l’antenna Wind che dovrebbe sorgere in via Gran Sasso. I cittadini hanno raccolto ben 1.684 firme che saranno consegnate venerdì mattina alle 11 alla segreteria generale del Comune. Seguirà un incontro pubblico con l’amministrazione comunale. Intanto il Comune ha dato uno stop “temporaneo” alla costruzione dell’antenna. Ecco cosa ci ha detto la dottoressa.

Dottoressa Belpoggi, nella nostra città è in corso una raccolta firme, ben 1.500, contro un’antenna Wind che sorgerà in un quartiere densamente abitato e vicino a una scuola e a un asilo. L’Arpae parla di “effetti trascurabili” per questo tipo di onde. Voi cosa ne pensate?
Un mio collega è appena stato a un incontro di questo tipo a Bologna e ha trovato una collega dell’Arpae che ha fatto una fortissima resistenza alle sue critiche e alle sue preoccupazioni. Il mio collega le ha ricordato che il nostro istituto, in tanti anni, non si è mai sbagliato e che, sugli effetti nocivi del benzene e dell’amianto, siamo arrivati con 30 anni di anticipo sugli studi che ne hanno poi dimostrato la assoluta nocività.
Quali rischi ci possono essere per la salute dei cittadini dall’installazione di un’antenna come quella?
Noi non abbiamo mai classificato il rischio, perché il nostro lavoro non è relativo alla sua quantificazione. Studiamo gli effetti sulla saluet delle antenne delle stazioni radio base e delle onde elettromagnetiche di campo vicino. Sui rischi tenga presente che se lei mette un telefonino nel fornetto a microonde e chiude lo sportello, il cellulare non prende. Le onde elettromagnetiche del microonde vengono schermate, perché possono essere dannose per la salute. Ebbene, sono della stessa natura delle onde del cellulare e noi lo teniamo vicino all’orecchio.
Quindi le onde elettromagnetiche di antenne e cellulari sono dannose per la salute?
Sono stati fatti recentemente due esperimenti sui topi, da noi e dal National Toxicologic Program americano che hanno mostrato una correlazione fra esposizione dei roditori a queste onde, in dosi simili a quelle in cui siamo immersi nella nostra vita tutti i giorni, e tumori rari delle cellule nervose del cuore. Non può essere dovuta al caso l’osservazione di un aumento dello stesso tipo di tumori, peraltro rari, a migliaia di chilometri di distanza, in ratti dello stesso ceppo trattati con le stesse radiofrequenze. Inoltre, gli studiosi italiani hanno scoperto un aumento dell’incidenza di altre lesioni: l’iperplasia delle cellule di Schwann sia nei ratti maschi che femmine e gliomi maligni (tumori del cervello) nei ratti femmine alla dose più elevata. Sulla base dei risultati comuni, riteniamo che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) debba rivedere la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute possibili cancerogeni, per definirle probabili cancerogeni.
Ammettiamo quindi che siano probabilmente cancerogene queste onde. Possiamo cancellare la telefonia mobile dalla nostra vita per questo eventuale rischio?
No, io stessa non potrei lavorare se facessimo questo. Il nostro lavoro, oramai, non può essere modificato abolendo questa tecnologia.
Cosa bisogna fare allora?
Bisogna chiedere alle compagnie telefoniche, che guadagnano miliardi di dollari all’anno, di non investire più per potenziare il segnale, ma per avere una buona connessione. A noi interesserebbe, oggi, mantenere una buona connessione, anche attraverso le fibre ottiche, ma abbassando il rischio per gli uomini. Visto che il rischio è basso, se manteniamo entro certi limiti l’esposizione, lo riduciamo molto. Poi potremmo fare telefoni che funzionano solo a una certa distanza dal corpo per evitare il contatto ravvicinato delle onde elettromagnetiche, obbligando così gli utenti ad utilizzare gli auricolari.
E sul fatto che quell’antenna sia vicina a una scuola, cosa dice?
Va evitato che un’antenna sia vicina a una scuola o a un ospedale. I volt che vengono misurati e la frequenza di quelle antenne sono identiche a quelle del cellulare. I danni potenziali sono uguali. C’è poi il problema della misurazione. Arpae, per esempio, fa una media della giornata, ma così non va bene perché le onde sono più intense di giorno, quando c’è un maggiore utilizzo dei cellulari, rispetto alla notte. Così si hanno dati falsati.
Molti fanno un paragone fra le vostre battaglie e quelle per eliminare l’eternit. E’ corretto?
Sì, anche lì, come oggi, gli interessi per dimostrare che il cemento amianto non faceva male erano fortissimi. Le compagnie telefoniche hanno interessi molto grossi in ballo in questo settore. Eppure gli effetti rischiano, come allora, di essere gravi a lungo termine. Andiamo a vedere i nostri bambini fra 20 anni. Come saranno messi e quali malattie avranno sviluppato? Quali problemi alle cellule del sistema nervoso centrale e periferico avranno? Non vogliamo spaventare nessuno, ma è necessario che, come avvenne per l’eternit, si crei un forte movimento per rivedere le modalità di commercializzazione delle onde elettromagnetiche.
Eppure, per le antenne, si parla di pubblica utilità. I Comuni, anche se si opponessero, non potrebbero farci nulla per la loro installazione. E’ così?
E’ così, la legge Gasparri parla di pubblica utilità. Molti Comuni, però, non hanno un piano per l’installazione delle antenne che dica dove metterle e quindi, quando viene una compagnia, tende a fare un po’ quello che vuole. Servirebbe invece un piano apposito fatto con Arpae.