Codeluppi: “Profughi controllati, con il decreto Salvini sarà peggio”
Il presidente della Dimora D’Abramo si difende dalle critiche e dice: “I richiedenti asilo che oggi lavorano regolarmente sono un centinaio”
REGGIO EMILIA – “Noi i controlli li facciamo e collaboriamo sempre con le forze dell’ordine, ma il problema è che non sappiamo chi sono i richiedenti asilo che avrebbero lavorato in nero per la sicurezza in quei concerti. Non possiamo sapere se erano, o meno, nel nostro progetto un anno e mezzo fa”. Luigi Codeluppi, presidente della Dimora D’Abramo, la cooperativa capofila della gestione dei migranti sul nostro territorio, non ci sta a finire sul banco degli imputati. Lo abbiamo intervistato per andare a fondo in questa vicenda e capire meglio come funziona le gestione dei profughi sul nostro territorio.
I profughi che venivano sfruttati per essere adibiti, illegalmente, per la sicurezza nei concerti sarebbero stati ospitati, secondo l’inchiesta condotta dai carabinieri, dalla Dimora D’Abramo. Voi sapevate che facevano questo lavoro?
Noi, francamente, non sappiamo di cosa si stia parlando. Quando le forze dell’ordine ci coinvolgono in indagini, diamo la massima collaborazione. Ma su questo fatto, che è accaduto un anno e mezzo fa, non abbiamo elementi. Non sappiamo chi erano gli immigrati e quindi non possiamo sapere se erano nel progetto, o meno, all’epoca.
I richiedenti asilo che ospitate possono lavorare?
Normalmente i percorsi esterni che fanno sono frutto di accordi e convenzioni con realtà serie: sindacati, scuole e imprese. Noi, poi, su di loro facciamo un’osservazione giornaliera. Verifichiamo le presenze tutti i giorni e le mandiamo alla prefettura. Tuttavia ci tengo a precisare che queste sono persone libere che hanno tutto il diritto di spostarsi sul territorio provinciale.
Quindi non è possibile che uno si assenti a lungo
Se non li vediamo per oltre 24 ore, lo segnaliamo alla prefettura che può farle uscire dal percorso. Magari, ma è solo una supposizione perché non so di quali profughi stiamo parlando, questi si sono assentati a lungo e sono stati fatti uscire dal percorso. Ma posso saperlo solo se ci vengono forniti i loro nominativi.
I profughi devono rispettare degli orari?
Noi facciamo dei controlli quotidiani: telefonici o di persona, oppure anche delle visite. E’ difficile che sfuggano dai controlli. Poi c’ è molta collaborazione nei gruppi. E’ possibile che uno si assenti per un’intera giornata, ma se poi non va a scuola e non si presenta agli appuntamenti, capiamo che c’è un problema. Per quel che riguarda gli spostamenti, non hanno obblighi se non quelli di stare dentro alla provincia.
Quindi non avrebbero potuto andare a Modena o in altre province per fare la sicurezza ai concerti?
No, non potevano. Se devono andare fuori dalla provincia per un evento, o per partecipare a una partita di calcio, o andare a trovare un conoscente, ce lo segnalano. Viene richiesto il permesso alla prefettura e il migrante viene autorizzato temporaneamente.
Se vogliono lavorare devono per forza passare da voi?
No, è possibile che uno, se è maggiorenne, faccia un lavoro senza passare da noi. Queste persone sono regolari sul territorio in attesa di verifica della richiesta di asilo e quindi hanno un permesso di soggiorno che, dopo 60 giorni, gli concede di accedere ai rapporti di lavoro. Tuttavia, di norma, ci coinvolgono in queste cose, perché, di solito, ci sono aspetti burocratici particolari e hanno bisogno di aiuto. Dobbiamo soprattutto controllare che non ci siano percorsi di lavoro irregolari.
Lei allude alla vicenda del giovane immigrato morto nei boschi a Casina che lavorava in nero
Purtroppo questi fatti accadono e non coinvolgono solo profughi, ma anche italiani. Il rischio c’è e noi dobbiamo controllare. Su questo stiamo facendo un forte lavoro di prevenzione. Abbiamo aderito a Start refugees, una piattaforma che permette di potere accedere a lavori occasionali tutelati.
Quanti richiedenti asilo lavorano oggi a Reggio?
Abbiamo acceso cinquecento tirocini e un centinaio di persone lavorano regolamente. Considerando che i profughi che gestiamo, come Dimora D’Abramo, sono ottocento compresi donne e famiglie con minori, direi che non è male. Che lavori fanno? Un po’ di tutto: dalla saldatura, all’edilizia. Soprattutto lavori manuali. Ma anche pulizie e ristorazione.
Molti dicono che il problema del lavoro nero e dello sfruttamento degli immigrati aumenterà con il decreto sicurezza voluto da Salvini. Lei cosa ne pensa?
Se perderanno il permesso di soggiorno, la loro situazione peggiorerà. Abbiamo già visto che, di fronte a un diniego o a un possibile esito negativo, piuttosto escono dal progetto e trovano altri percorsi. Magari provano ad espatriare. Il decreto Salvini si va ad innestare in un contesto legislativo già molto fragile. Stringere ulterioriormente le maglie sul diritto d’asilo, togliendo quello per motivi umanitari, rischia di fare precipitare molti migranti in una situazione di precarietà, senza documenti. Avrà un impatto importante. C’è il rischio che molti immigrati scivolino in una situazione di fragilità e precarietà e vivano senza nessun controllo.