Promettono matrimonio e gli spillano 10mila euro
I carabinieri denunciano tre rumeni per circonvenzione di incapace
REGGIO EMILIA – Approfittando dello stato di “minorata difesa psichica” di un 52enne reggiano, una donna ed il figlio, con il concorso di un amico di famiglia, sono riusciti a spillare all’uomo oltre 10.000 euro. Soldi che i tre – oggi tutti denunciati dai carabinieri alla Procura con l’accusa di circonvenzione di incapace – hanno ottenuto sostenendo che servivano per far giungere in Italia una donna che l’avrebbe sposato.
E’ successo in provincia di Reggio Emilia, dove il raggiro e’ stato messo in atto da tre cittadini senza fissa dimora di nazionalita’ romena: una donna di 63 anni, il figlio di 36 e un amico di famiglia 21enne. Tutto e’ iniziato quando il malcapitato 52enne, all’uscita dal centro salute mentale di un ospedale reggiano, ha incontrato la donna 63enne che chiedeva l’elemosina, a cui ha elargito qualche moneta, aggiungendo poi la frase “la pace sia con te”.
Sono state proprio queste parole a innescare la truffa. La donna, infatti, ha chiesto al 52enne se appartenesse ad un particolare credo religioso. E quando ne ha avuto conferma, informandosi anche del fatto che fosse celibe, gli ha proposto di fargli conoscere una sua amica abitante in Romania della stessa confessione, che l’avrebbe sposato volentieri essendo possibile per tale religione solo il matrimonio tra confratelli.
A questo primo incontro ne sono poi seguiti altri nei quali la donna chiedeva puntualmente del denaro, a suo dire necessario per far giungere in Italia la promessa sposa, racimolando in tutto 10.000 euro tra contanti ed assegni.
A far capire al 52enne che era stato ingannato sono stati i suoi familiari, convincendolo a fare denuncia ai Carabinieri. I militari, attraverso indagini mirate, sono risaliti alla 63enne, peraltro riconosciuta dalla sua vittima. Nei guai per concorso nel reato di circonvenzione di incapace e’ finito anche il figlio 36enne della donna, che ha incassato alcuni degli assegni consegnati alla madre, e un amico di famiglia, intestatario dell’utenza con cui la donna contattava la vittima per fissare i vari incontri.