Aleppo, il dramma di un padre e della figlia senza gambe
Lui cammina a carponi con due protezioni e dei cuscini per riparare i moncherini, mentre la figlia sta in piedi grazie a due scatole di conserva per sardine. L’associazione reggiana Amar sta cercando di aiutarli
REGGIO EMILIA – Lui cammina a carponi con due protezioni e dei cuscini per riparare i moncherini, mentre la figlia sta in piedi grazie a due scatole di conserva per sardine come protesi rudimentali realizzate dal padre. Siamo in un campo di rifugiati siriano e Mohamed e la figlia sono due profughi fuggiti da una provincia a sud di Aleppo che hanno perso gli arti sotto un bombardamento.
La storia viene raccontata con un filmato di Siria Charity che rimbalza su Facebook fino a noi, grazie ad Amar, l’associazione reggiana guidata dal medico siriano Jean Bassmaji che, grazie al progetto “Arti Artificiali per i mutilati siriani”, sostenuto da Boorea, Arci, CGIL e tanti reggiani ha allestito un laboratorio all’università di Damasco che sta fornendo ai mutilati, che sono oltre 50mila, protesi grazie a stampanti in 3D.
Dice Mohamed: “Speriamo che qualcuno ci possa fare delle buone protesi per farci vivere meglio ed avere autonomia di movimento”. Amar, ora, si sta attivando per riuscire a trovare il padre e la figlia e cercare di dare ai due una vita migliore con le protesti stampate a Damasco.