Uno dei capi dell’associazione è stato condannato anche in Aemilia
REGGIO EMILIA – C’e’ anche l’ombra della ‘ndrangheta sull’indagine “Billions” di Reggio Emilia, scattata contro un’organizzazione dedita alla falsa fatturazione in favore di imprese che eludevano il fisco. I punti di contatto tra l’organizzazione criminale e i clan radicati in Emilia, i cui affari illeciti marciavano pero’ separatamente, li mette in luce Francesco Messina, direttore della centrale Anticrimine della Polizia.
“Qui – dice – sebbene non venga contestata l’aggravante (dell’associazione mafiosa, ndr), non c’e’ dubbio che sullo sfondo si staglia pesantemente questo convitato di pietra che pervade questa realta’ da anni. Qui non c’e’ dubbio che le pratiche criminali disvelate, cioe’ la produzione di fatture per operazioni inesistenti, non rappresentano il know how specifico di questa organizzazione che l’ha poi esportato in altre parti d’Italia”.
E infine “non c’e’ dubbio che anche qui da qualche parte, nonostante sia una terra nota per il suo senso civico cosi’ diffuso, c’e’ qualcuno che di senso civico ne ha poco e si e’ prestato a favorire lo sviluppo di questo cancro”. A proposito di mafie inoltre, secondo Messina “qui purtroppo non sono piu’ infiltrazioni, c’e’ una stanzialita’ evidente”. Due elementi emersi dalle carte dell’indagine avvalorano la tesi del capo nazionale dell’Anticrimine.
Il primo e’ che tra i destinatari delle misure detentive emesse oggi – cinque gli arrestati – c’e’ anche un esponente di spicco della criminalita’ cutrese, tra i protagonisti della guerra di ‘ndrangheta combattuta a Reggio Emilia negli anni ’90. Ad avvicinare i clan di Cutro all’organizzazione specializzata in reati finanziari, c’e’ poi un conflitto dei suoi membri con esponenti della famiglia Giardino di Verona, dove i primi avevano subito il furto di 50.000 euro che sarebbero dovuti servire a finanziare un’operazione illegale. A dirimere la questione fu inviato uno dei vertici dell’associazione, gia’ condannato nel processo Aemilia e oggi in carcere. Il procuratore capo di Reggio, Marco Mescolini, invita pero’ a non confondere “fatti distinti”. Non “e’ che se uno fa false fatturazioni e’ un mafioso – spiega – e se un mafioso fa false fatturazioni con altri, questo non li rende mafiosi a loro volta”.
I Cinque Stelle: “Una vergogna”
Le nove persone indagate nell’indagine “Billions” che gestivano milioni ottenuti con false fatturazioni ma incassavano il reddito di cittadinanza, “hanno insultato doppiamente gli oltre 4.781 nuclei famigliari residenti in provincia di Reggio pari a 11.961 persone che lo percepiscono e ne hanno veramente bisogno nella stragrande maggioranza, visto che questa misura serve ai cittadini onesti che non hanno possibilita’ economiche”.
E’ il commento su uno degli aspetti della nuova inchiesta aperta dalla Procura di Reggio Emilia espresso dall’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Sabrina Pignedoli, a cui si associano i parlamentari reggiani Maria Edera Spadoni, Davide Zanichelli e Maria Laura Mantovani. “È una vergogna- aggiungono i pentastellati- ma grazie alle norme di controllo incrociato presenti nella legge ora verranno puniti con un ulteriore reato aggravante”.
La presenza tra gli arrestati di un esponente di spicco della criminalita’ calabrese, protagonista della guerra di ‘ndrangheta degli anni ’90, invece, “conferma che a Reggio Emilia le mafie sono ancora attive con il ben noto sistema delle societa’ ‘cartiere’, questa strutturata organizzazione permetteva a tanti imprenditori disonesti di evadere il fisco, gravando sulla collettivita’”. Un sistema in cui, concludono i 5 stelle, “i primi a essere danneggiati sono gli imprenditori onesti”.