Silk Faw, telenovela infinita basata su una scommessa finanziaria
Jonathan Krane, senza un vero e proprio piano industriale e senza garanzie economiche certe alle spalle, per ora è riuscito solo a convincere industriali e amministratori pubblici locali
REGGIO EMILIA – La telenovela Silk Faw, che da oltre un anno va avanti nella nostra città, si è arricchita di due nuovi episodi: il fascicolo aperto dalla magistratura e la protesta dei 17 dipendenti della società a cui non sono stati pagati gli stipendi di giugno e luglio e che, tramite uno studio legale, hanno messo in mora la società.
L’amministratore delegato dell’azienda, Giovanni Lamorte ha chiesto di sospendere la causa e prega i dipendenti di non voler procedere ad alcuna azione allo scadere delle tempistiche indicate (tra inizio e metà settembre), perché sostiene che, perseguire attraverso il ricorso all’autorità giudiziaria il recupero dei crediti, porterebbe al fallimento della società senza alcun beneficio per loro.
La magistratura, invece, ha chiesto alle fiamme gialle di effettuare degli accertamenti fiscali sull’operazione. Di quale natura, al momento, non è dato sapere.
Tuttavia il fatto che a monte di tutta l’operazione vi sia una società con base alle Cayman, getta lunghe ombre sulla trasparenza di tutta questa operazione. Il nostro giornale fu il primo a segnalare questa opacità e a puntare il dito sulla mancanza di un piano industriale e di finanziamenti certi alle spalle di questa operazione. Mister Jonathan Krane, finanziere con base alle Cayman, deus ex machina di tutta questa operazione, ci fece rispondere, a suo tempo, che c’erano dietro le più grandi banche cinesi.
Di certo, finora, c’è che gli unici soldi che sono circolati riguardano il prestito di 16 milioni di euro fatto all’inizio del 2021 alla Silk Ev Cayman Lp di Jonathan Krane, con base alle Cayman, che scadeva il 28 gennaio 2022. Soldi, peraltro, che non sarebbero mai stati restituiti tanto che la Ideanomics (società statunitense che investe nel campo delle energia elettrica e delle rinnovabili), che di suo se la passa piuttosto male peraltro, ha citato in giudizio la Silk Ev Cayman Lp di Jonathan Krane, di fronte alla Corte Suprema dello stato di New York, con l’accusa di non averle restituito il prestito.
Come faccia una società che non ha i soldi per pagare due mensilità a 17 dipendenti (parliamo di poco più di 100mila euro) e che deve restituire 15 milioni di euro a stipulare un rogito (sempre rinviato, infatti) di 30 milioni di euro e fare un investimento da oltre un miliardo di euro a Gavassa, resta un mistero.
Quello che sta emergendo, in realtà, è un’operazione piuttosto spregiudicata in cui un uomo di finanza, Jonathan Krane, sta scommettendo, fin dall’inizio, sulla possibilità di attrarre investimenti in un settore che, oggi, va molto di moda, ovvero quello dell’elettrico. Sono un paio di anni che il finanziere statunitense con base alle Cayman cerca di piazzare questo colpo. A Reggio, nella motor valley, ha trovato un humus fertile, complici anche le amministrazioni e gli industriali locali e, senza un vero e proprio piano industriale e senza garanzie economiche certe alle spalle, è riuscito a convincerli della bontà del suo investimento.
Peccato per lui che gli investitori a livello globale, almeno per il momento, siano decisamente più accorti e non abbiano ancora abboccato. Evidentemente, almeno per il momento, nessuno ha voglia di investire centinaia di milioni di euro in un progetto senza un piano industriale vero e proprio e di fronte a un terreno incolto seminato di bandierine con sopra scritto “Silk Faw”.
Paolo Pergolizzi