False fatture e riciclaggio: arrestate dodici persone
Sono tutte accusate di associazione a delinquere, in prevalenza reati tributari, riciclaggio internazionale ed autoriciclaggio: indagati anche due commercialisti
REGGIO EMILIA – Un fiume di false fatture. Questa mattina all’alba, oltre 350 militari tra finanzieri del comando provinciale di Reggio Emilia e di altri reparti, insieme ai carabinieri, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica, hanno portato in carcere 7 persone e messo agli arresti domiciliari 5 persone.
Sono tutti accusati di associazione a delinquere, in prevalenza reati tributari, riciclaggio internazionale ed autoriciclaggio. Previste anche 2 misure interdittive nei confronti di commercialisti. L’attività vede coinvolti oltre 100 indagati e 81 società tra Emilia, Calabria, Toscana, Campania, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto.
Le fiamme gialle ed i carabinieri stanno procedendo con l’esecuzione di perquisizioni e sequestri patrimoniali. Sono stati sequestrati 10,5 milioni di euro: sono state scoperte 251 società che utilizzavano fatture false.
In tutto sono 108 i soggetti indagati, di cui 26 facenti parte di un’associazione a delinquere, e 81 le società coinvolte, per numerose ipotesi delittuose, in prevalenza del settore fiscale. Sono 15 le misure cautelari eseguite, di cui 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 7 misure degli arresti domiciliari, 1 obbligo di dimora e 3 misure interdittive, di cui due nei confronti di professionisti. Si è reso necessario anche un arresto in flagranza per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, dato che, durante una perquisizione, sono stati trovati 18 chili di hascisc e 4 di marijuana. Sono stati sequestrati anche preziosi ed orologi di valore.
L’indagine sviluppata da finanza e carabinieri ha evidenziato operazioni di infiltrazione nel tessuto economico regionale e conseguente gestione criminale, con influssi sull’intero territorio nazionale, ad opera del sodalizio, portate avanti da cutresi, professionisti calabresi e campani, reggiani ed alcuni foggiani.
Il core business criminale era legato soprattutto alla commissione di reati tributari, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’organizzazione ha, inoltre, gestito un imponente giro d’affari nel più ampio settore delle prestazioni di servizi, quali cantieristica e manutenzione di macchinari industriali e pulizie, oltre che nel settore del noleggio di autovetture e di commercio all’ingrosso.
Il meccanismo fraudolento prevedeva la creazione di società cartiere o l’acquisizione di società realmente esistenti, poi destinate alla emissione di fatture false, che venivano intestate a prestanome che agivano sotto le direttive loro impartite dai capi dell’organizzazione. Venivano quindi individuate ditte compiacenti, utilizzatrici delle false fatture, i cui titolari effettuavano bonifici pari all’importo delle fatture ricevute sui conti correnti riferibili alle società del sodalizio. Questo denaro veniva poi, attraverso numerosi prelievi giornalieri, bonifici o emissione di assegni, riconsegnato ai fruitori delle fatture emesse per operazioni inesistenti, al netto della percentuale stabilita per il “servizio”.
Oltre ai reati fiscali sarebbero stati commessi estorsioni, riciclaggio ed auto-riciclaggio dei proventi illecitamente ottenuti, nonché bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni pubbliche ed appropriazione indebita.
Il sodalizio criminale abbia posto in essere anche sistemi di frode al welfare statale, mediante la richiesta e la percezione illecita dell’indennità di disoccupazione Naspi, per un valore di circa 60mila euro, mentre continuavano illecitamente a porre in essere le proprie attività criminose ed a gestire il proprio giro d’affari. Alcune delle “società cartiere” hanno anche fatto indebitamente ricorso ai contributi pubblici stanziati durante l’emergenza pandemica da Covid-19, per un importo di 72mila euro.
Nel corso delle indagini è stato ricostruito anche il sistema di riciclaggio internazionale utilizzato dall’organizzazione in molti casi. I proventi illecitamente ottenuti venivano fatti confluire, attraverso un sistema di scatole vuote, prevalentemente verso il territorio bulgaro. Da qui, il denaro veniva inviato su ulteriori conti esteri o monetizzato, per essere poi reintrodotto fisicamente in Italia.
In altri casi, l’organizzazione criminale, per “ripulire” il denaro illecitamente ottenuto e reintrodurlo nei circuiti dell’economia legale nazionale, lo reinvestiva nell’acquisto di diamanti o preziosi ovvero in auto di lusso, acquistate in territorio austriaco e poi noleggiate sul territorio reggiano, attraverso società riconducibili all’organizzazione
L’attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle ha consentito di ricostruire il provento derivante dal reato di “emissione di fatture false”, ottenuto dall’associazione a delinquere, per un valore di circa 4 milioni di euro e l’importo dell’imposta evasa da 69 società, risultate essere le maggiori utilizzatrici delle “fatture false”, per un importo di oltre 6 milioni di euro.
Ha detto il comandante dei carabinieri, il colonnello Andrea Milani: “Nell’operazione odierna sono stati impiegati circa 100 carabinieri del comando provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia che hanno operato insieme a personale della Guardia di Finanza. L’Arma, con la sua presenza capillare sul territorio, ha un modello operativo costruito sul valore della vicinanza e conoscenza diretta della gente, che si affida ai propri carabinieri. Ed è su questa premessa che la conoscenza delle dinamiche territoriali nonché la capacità informativa della tenenza carabinieri di Scandiano ha consentito di approfondire una vicenda che ha avuto sviluppi di tale portata che ha richiesto, considerato il delinearsi di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati soprattutto di natura tributaria e fiscale, oltre al successivo intervento di risorse operative superiori anche l’approfondimento specialistico della Guardia di Finanza, poi delegata insieme all’Arma dei Carabinieri nel proseguo delle indagini che hanno impegnato gli operanti per 2 anni. Vorrei evidenziare, a tal proposito, come la complessa attività investigativa si sia sviluppata in piena pandemia, periodo che ha visto le articolazioni di base dell’Arma, alle quali la tenenza appartiene, unico presidio di polizia nei comuni di Scandiano e Viano, fornire uno sforzo eccezionale, non solo per contenere il diffondersi della malattia ma anche per rassicurare e aiutare la popolazione attraverso gesti, aiuti e azioni che sono andati ben oltre i compiti istituzionali. Attraverso tutte le risorse a disposizione, con senso del dovere e di abnegazione, i Carabinieri di Scandiano non hanno fatto mancare la loro assistenza continua alla popolazione a loro affidata, garantendo anche il difficile sviluppo delle investigazioni in argomento con i risultati che stiamo commentando oggi”.