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Pestaggio in carcere, il Gip: modalità degradanti

12 febbraio 2024 | 14:35
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Pestaggio in carcere, il Gip: modalità degradanti

Il giudice: “Denudamento evocativo di tipiche modalità degradanti attuate nei lager o nei gulag negli anni più bui del Novecento”

REGGIO EMILIA – Il modo in cui il detenuto straniero di 43 anni è stato percosso e malmenato ad aprile dell’anno scorso da 14 agenti della polizia penitenziaria nel carcere di Reggio Emilia “ha indubbiamente comportato una degradazione disumanizzante della sua persona”.

Lo si legge nelle 24 pagine dell’ordinanza di applicazione delle misure coercitive e interdittive stilata dal gip del tribunale nei confronti degli agenti, immortalati dalle telecamere di sicurezza dell’istituto penitenziario, per 10 dei quali la Procura reggiana ha chiesto il rinvio a giudizio.

L’uomo era appena uscito da un colloquio piuttosto acceso con la direttrice del carcere (a cui per sua stessa ammissione aveva rivolto “parole brutte”) quando era stato accerchiato dagli agenti che l’avevano incappucciato con un straccio, denudato dalla cintola in giù, percosso con calci e pugni, calpestato con gli stivali d’ordinanza e abbandonato in una cella di isolamento.

Qui, vedendo ignorate le sue richieste di essere medicato, il detenuto era stato costretto ad attirare l’attenzione rompendo i sanitari e tagliandosi le vene di un braccio con i cocci, perdendo molto sangue, prima di essere portato in infermeria, si ricostruisce. Il giudice per le indagini preliminari osserva dunque “che il coprire il volto e il capo di un soggetto costituisce un modo per oggettivizzarlo, disumanizzandolo, quasi a trasformarlo in una non-persona”.

Inoltre “il denudamento forzato del prigioniero (tra l’altro gia incappucciato) rappresenta una immagine evocativa di tipiche modalità degradanti attuate nei lager o nei gulag negli anni più bui del Novecento”.

Sulla vicenda intervengono intanto anche anche la Cgil e la categoria della Funzione pubblica provinciali che commentano: “Bene la richiesta di rinvio a giudizio dei dieci agenti accusati dei reati di tortura, lesioni personali e falso in atto pubblico”. Il sindacato, viene ricordato, “aveva già denunciato l’accaduto lo scorso luglio mettendo in luce sia la necessità di intervenire sulle condizioni delle carceri nel loro complesso, con un non più tollerabile sovraffolamento strutturale fucina di tensioni e di malessere, sia con un focus sulle condizioni di lavoro di chi da anni svolge il proprio ruolo sottorganico e in condizioni di forte stress: due aspetti che determinano una condizione al limite per le carceri reggiane”.

Ora concludono Camera del lavoro ed Fp, “auspichiamo che la giustizia faccia rapidamente il suo corso: le immagini diffuse offendono la dignità umana e il senso dello Stato, ma anche l’immagine del sistema carcerario italiano e di tutte le persone che con correttezza svolgono un lavoro complicatissimo troppo spesso mal pagato e poco valorizzato” (fonte Dire).