
Nel 2014 Marco Gibertini, il giornalista condannato in Aemilia definì Benedetti come uno che “riusciva ad ottenere quello che voleva”
REGGIO EMILIA – L’indagine della Procura di Reggio Emilia “Leonida”, che ha svelato un sistema corruttivo negli appalti pubblici dello smaltimento rifiuti facente capo all’imprenditore di Bibbiano Enrico Benedetti e alla sua ditta “Ecologia Soluzione Ambiente” (Esa) nasce da lontano.
Come spiega il sostituto procuratore titolare Valentina Salvi, infatti, la genesi dell’inchiesta è comune a quella sui presunti appalti pilotati del Comune di Reggio Emilia, il cui processo si è concluso di recente. In particolare nel 2016 erano stati rilevati contatti tra Benedetti e Santo Gnoni, ex capo dell’avvocatura di piazza Prampolini e membro della commissione tributaria provinciale, che in quella sede assisteva l’imprenditore per un ricorso.
Approfondendo questa relazione Gnoni è stato poi condannato nel processo appalti per corruzione e Benedetti è finito oggi agli arresti domiciliari. A fare per primo il nome di Benedetti era stato però un altro personaggio reggiano piuttosto discusso: il giornalista condannato definitivamente come fiancheggiatore della ‘ndrangheta in Aemilia ed imputato nel processo “Octopus” sulle false fatture.
Nell’ambito di questo procedimento, chiamato dagli inquirenti a rilasciare sommarie informazioni testimoniali, descrisse l’odierno indagato come una persona che “usava metodi corruttivi mediante i quali riusciva ad ottenere tutto ciò che voleva” (Fonte Dire).