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Palazzina Laf, in 500 al cinema estivo per Michele Riondino

20 giugno 2024 | 15:03
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Palazzina Laf, in 500 al cinema estivo per Michele Riondino

Il regista: “La lotta di classe non c’è più. Quella che si combatte a Taranto è una guerra tra poveri: tra lavoratori ed altri lavoratori”

REGGIO EMILIA – “La lotta di classe non c’è più, perché non c’è più nessuna lotta. Quella che si combatte a Taranto non è una lotta e non è una guerra di classe, ma è un conflitto tra poveri: tra lavoratori ed altri lavoratori”.

Lo ha detto Michele Riondino di fronte a 500 persone che erano presenti ieri sera al cinema estivo degli ex Stalloni per vedere “Palazzina Laf” (il film del regista tarantino che ha vinto tre David di Donatello) e per parlare con lui alla fine dello spettacolo. L’attore, che arrivava da una presentazione a Parma, è sbucato alla fine del film per rispondere alle domande del pubblico e della intervistatrice, Sandra Campanini, responsabile dell’ufficio cinema del Comune.

Il film racconta, attraverso gli occhi di un operaio, Caterino Lamanna, uno dei più gravi casi di abuso in ambito lavorativo della storia italiana avvenuto all’Ilva di Taranto. Il titolo dell’opera riprende il nome dell’omonima palazzina, adiacente al Laminatoio a freddo, di cui si raccontano gli eventi, nella quale negli anni ’90 i proprietari e i dirigenti dell’Ilva di Taranto, all’epoca dei fatti già del Gruppo Riva, decisero di confinare gli impiegati che si erano opposti alla “novazione” del contratto, ossia al declassamento a operai, pratica illegale nonché pericolosa per gli stessi lavoratori.

Ha detto Riondino, che è di Taranto: “Si dice che il problema dell’Ilva di Taranto sia solo ambientale e sanitario, ma io credo che questo sia solo una conseguenza di dinamiche molto più complesse e il mio film cerca, in qualche modo, di analizzare e di raccontare questa complessità. Noi siamo da decenni sotto un ricatto che non ci permette neanche di immaginare il nostro futuro senza l’acciaieria. Il fatto è che oggi Taranto è un’immensa palazzina Laf, dato che all’Ilva ci sono 4mila e 500 cassintegrati che sono lì senza far nulla e quindi sono umiliati quotidianamente. Ecco, io ho pensato che raccontare la palazzina Laf poteva essere un modo per raccontare una parte della del problema”.

Uno spettatore dice che il film gli ha lasciato l’amaro in bocca, perché dà l’idea che i lavoratori possano risolvere i loro problemi affidandosi alle istituzioni dello Stato, cosa che secondo lui non avviene di solito e dice che gli sarebbe piaciuto di più vedere un film che parlasse della lotta di classe e della capacità dei lavoratori di organizzarsi.

Gli risponde Riondino: “Avrei dovuto scegliere un’altra storia, non quella della palazzina. Sono molto d’accordo con te, ma a Taranto ci sono dei cortocircuiti tali che addirittura alcuni organi non istituzionali sono diventati parte del problema. La storia della palazzina Laf, per esempio, non è mai stata presa in considerazione dai sindacati, perché le persone lì dentro non erano operai, ma impiegati e quadri, gente che non ha mai fatto uno sciopero contro l’azienda”.

Riondino

Continua il regista: “In realtà il problema è che ci hanno drogato. La lotta di classe non c’è più, perché non c’è più nessuna lotta. Io sono figlio di operai e devo dire che questo modo di addomesticare i lavoratori li sta facendo diventare come Caterino Lamanna, il protagonista del film. Lamanna è l’operaio che, oggi, è in cassa integrazione, è l’operaio che non si schiera, quello che non manifesta. Caterino non sa nemmeno che cos’è la lotta di classe. Non sa nemmeno di appartenere ad una classe e ad una categoria, perché pensa solo al suo benessere personale. È stato anteposto il benessere al bene della collettività e questo ce lo ha insegnato il padrone”.

Conclude il regista: “Quella che si combatte a Taranto non è una lotta e non è una guerra di classe, ma è una guerra tra poveri: tra lavoratori ed altri lavoratori. A Taranto non si può parlare di impianti e di sicurezza degli impianti, perché vieni tacciato dai lavoratori stessi e dai sindacati come un guastafeste. Tu devi pensare solo all’occupazione che poi, oramai, non c’è più perché abbiamo 4mila e 500 cassintegrati”.