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Caporalato in agricoltura, controlli e cabine di regia per sconfiggerlo

29 luglio 2024 | 20:20
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Caporalato in agricoltura, controlli e cabine di regia per sconfiggerlo

L’assessore Mammi chiede anche “certezza delle pene per chi trasgredisce”. La senatrice Rando: “Tuteliamo i lavoratori che denunciano”

CASALGRANDE (Reggio Emilia) – Agricoltura, legalità e agromafie. Di questo si è parlato, ieri sera, in un dibattito alla festa del Pd di Casalgrande a Villalunga. Il direttore di Reggio Sera, Paolo Pergolizzi, ha intervistato l’assessore regionale all’agricoltura, Alessio Mammi e la senatrice del Pd Vincenza Rando, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

Si è partiti parlando terribile incidente avvenuto il 17 giugno scorso, nelle campagne di Latina, che ha portato alla morte di Satnam Singh, un sikh del Punjab che sputava l’anima raccogliendo pomodori per quindici ore al giorno, in nero, per una paga miserabile da 3 euro all’ora. Pare ce ne siano almeno 30mila, di questi braccianti-fantasma nell’Agro pontino (400mila in Italia) che si spaccano la schiena per un tozzo di pane, per garantirci ogni giorno la tavola imbandita di verdura fresca e di frutta succosa. Perché uno non ci pensa, ma, magari, quando compra frutta e verdura in un supermercato, quei prodotti sono proprio raccolti da quelle persone.

Caporalato e agricoltura
Cosa si può fare, dunque, per combattere questo fenomeno? Vincenza Rando dice: “Sono tanti gli strumenti che si devono mettere in campo e che devono vedere agire insieme le istituzioni, la politica, ma anche anche le associazioni di categoria, specialmente quelli agricole che dovrebbero reagire di fronte a personaggi del genere che non voglio nemmeno chiamare imprenditori, che sfruttano i lavoratori in quel modo. Voi sapete che nel 2016, per la prima volta, nel nostro codice penale è stato inserito il reato di caporalato, ma in un paese democratico questo reato non dovrebbe nemmeno esistere. In commissione stiamo facendo molte proposte normative, ma io credo che, se queste non sono accompagnate da un nuovo linguaggio e da un’etica diversa, non concluderemo nulla. Abbiamo ancora tanta strada da fare”.

Alessio Mammi ha definito il caporalato “un cancro che colpisce i soggetti più deboli e li schiavizza, una cosa che un paese come il nostro, civile e moderno, non può accettare”.

Si chiede Mammi: “Cosa bisogna fare? Intanto bisogna fare i controlli. Ci sono organi dello Stato predisposti a farli, anche perché non siamo non stiamo parlando di settori nei quali si lavora di nascosto dentro un bunker o sotto terra, ma sono lavori che avvengono all’aria aperta, in mezzo alle campagne. Poi c’è il tema che chi sbaglia deve pagare. Ci vuole la certezza della pena. Infine noi non è che non abbiamo gli strumenti. Esiste una Rete nazionale del lavoro agricolo di qualità. È un’esperienza molto importante. Questo significa che le imprese agricole che aderiscono a questa rete si impegnano a rispettare i diritti dei lavoratori e accettano determinati controlli. Purtroppo le aziende a livello nazionale che, ad oggi, vi hanno aderito sono poche e dobbiamo fare di più. Ma mi rende orgoglioso che il 30% di quelli che hanno aderito risiedono in Emilia-Romagna. La Rete, poi, ha dei tavoli provinciali. Noi, qui in Regione, li abbiamo costituiti in quattro province su nove. La quinta si sarà pronta entro la fine dell’anno. In questi tavoli ci sono tutti i soggetti che devono parlarsi per contrastare caporalato e irregolarità. Ci sono la Regione, l’Inail, l’Inps, l’Ispettorato del lavoro e le associazioni agricole. Ci si passa informazioni, si segnalano situazioni meritevoli di controllo e di approfondimento. Per esempio, la cabina di Ferrara, poche settimane fa, ha discusso di un caso relativo a un Comune del ferrarese dove ci sono problemi di caporalato”.

“L’Agro Pontino governato dai figli della tradizione fascista”
Recentemente, in un’intervista, Marco Omizzolo, un professore universitario, studioso del tema del caporalato nell’Agro Pontino che si è addirittura calato nella parte di un immigrato per lavorare con loro nei campi per mesi, che conosce molto bene quelle zone, ha detto che “l’Agro Pontino è governato dai figli della tradizione fascista. E’ la quinta mafia”.

Su Repubblica, dopo la tragedia di Latina, Massimo Giannini scriveva: “La verità è che Giorgia Meloni sa bene che in quelle campagne, patria del caporalato, il lavoro del sindacato a tutela dei lavoratori è stato sistematicamente umiliato e aggredito da destra perché ritenuto un’intollerabile costrizione della “libertà di impresa”. E chi invoca o reclama diritti è stato aggredito e isolato come un vecchio arnese che puzza di sinistra”.

E’ stato chiesto dunque a Mammi e Rando se un governo di destra come quello della Meloni può mettere ordine nelle campagne dell’agro pontino.

Risponde la Rando: “Pensiamo alle parole che la Meloni ha detto qualche tempo fa, sostenendo che “non bisogna disturbare chi produce”. Oppure ascoltiamola quando parla di “pizzo di Stato”. Questo fa riflettere sul fatto che questo governo voglia veramente fare la lotta al caporalato. Anche perché vediamo che vengono indeboliti gli strumenti di controllo e di contrasto alla criminalità organizzata che sfrutta i lavoratori. Io non credo che questo governo abbia veramente voglia di combattere quello che, oggi, è un tema che riguarda la qualità della democrazia. Soprattutto se tu dici che non dobbiamo toccare chi produce. Noi non dobbiamo toccare chi produce con qualità e dobbiamo valorizzarlo, ma penalizzare e punire chi produce sfruttando i lavoratori”.

Continua la senatrice: “Non siamo in una buona democrazia quando nei processi vediamo che un lavoratore ha paura a testimoniare. Nessuno di loro si costituisce parte civile, perché ha paura. E allora noi dobbiamo organizzarci per proteggere le persone che denunciano e questo è un lavoro che possono fare le associazioni di categoria, ma anche i sindacati. Chi denuncia deve essere protetto, deve avere la possibilità di avere un altro lavoro e di avere un avvocato che lo assista”.

In Emilia-Romagna il 74% dei lavoratori irregolari è impiegato in agricoltura
Passando alla nostra Regione si fa notare a Mammi e alla Rando che in Emilia-Romagna il 74% dei lavoratori irregolari è impiegato in agricoltura. Un dato che sottolinea quanto lo sfruttamento della manodopera nei campi sia una piaga diffusa non solo in determinate aree geografiche, ma anche sul nostro territorio. Anche qui noi abbiamo numerosi indiani e pakistani che lavorano nei campi. Qual è, dunque, la loro percezione del fenomeno del caporalato del lavoro irregolare in Emilia-Romagna e nel Reggiano?

Risponde Mammi: “Per le informazioni di cui dispongo, noi abbiamo delle filiere economiche e agricole complessivamente sane. Siamo l’unica Regione che ha visto nascere queste cabine provinciali del Lavoro agricolo di qualità. Abbiamo anche un’altra caratteristica importante, perché l’Emilia Romagna, a differenza di tante altre regioni italiane, è una terra di filiere produttive molto integrate, tipo quella del Parmigiano Reggiano, per intenderci, dove c’è un rapporto di grande trasparenza tra ogni soggetto. Poi ci sono delle situazioni problematiche. Ho citato prima quella del ferrarese e potrei citare altri esempi in Romagna? Il sistema, dunque, è complessivamente sano, ma questo non ci deve portare ad abbassare la guardia a disimpegnarci”.

Le Agromafie
Quando si chiede a Vincenza Rando di spiegare una parola che, nel mondo dell’agricoltura si sente spesso, ovvero quella di Agromafie, lei risponde: “Le mafie si sono insinuate dentro al mondo dell’agricoltura non solo con il caporalato o sfruttando i lavoratori, ma anche imponendo i loro prodotti dentro alla filiera della ristorazione. Poi vediamo che molte aziende agricole sono state sequestrate e confiscate perché venivano comprate da mafiosi. Un altro tema che stiamo trattando in commissione parlamentare è quello, per esempio, delle truffe sui contributi europei, un fenomeno che in Emilia-Romagna ancora non si vede molto, ma in Abruzzo sì. Ci sono mafiosi che costituiscono, con dei prestanome, delle società fittizie che acquisiscono terreni agricoli per avere i contributi della Comunità Europea. Una vera e propria truffa. Le Agromafie sono dunque organizzazioni criminali che si inseriscono in tutta la filiera e vanno dalla produzione fino alla vendita dei prodotti e alla ristorazione. In Emilia-Romagna ci sono molti ristoranti che sono stati sequestrati alle mafie”.

Conclude Mammi: “Se vogliamo sconfiggere le mafie dobbiamo seguire il consiglio di Falcone che diceva: ‘segui i soldi’. Le mafie vanno dove si possono fare affari. Può essere il commercio, l’edilizia, l’agroalimentare o la ristorazione. La cosa importante, a livello politico istituzionale, è avere la consapevolezza che non ci dobbiamo muovere solo quando inizia il processo, ma dobbiamo avere la forza di monitorare il territorio e di controllare quello che ci accade intorno. Quando vediamo, per esempio, delle operazioni sospette di acquisizione di parti del territorio, per intercettare finanziamenti europei, dobbiamo intervenire e segnalarle alla magistratura. Perché, come dice la pubblicità, prevenire è meglio che curare”.