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Fratelli Rossi, dal foraggio al Parmigiano Reggiano

17 luglio 2024 | 10:47
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Fratelli Rossi, dal foraggio al Parmigiano Reggiano

La forza dell’azienda di Rio Saliceto è la filiera che permette, dai campi fino alla commercializzazione, di controllare tutte le fasi della produzione

REGGIO EMILIA – “Dal foraggio al formaggio”, o meglio, al re dei formaggi, il Parmigiano Reggiano, è il motto della azienda agricola Fratelli Rossi di Rio Saliceto, una realtà da 10 milioni di euro di fatturato, 25 dipendenti, con un ciclo produttivo completo, che parte dall’allevamento delle vacche da latte per arrivare alla caseificazione e vendita di Parmigiano Reggiano.

L’azienda produce il foraggio per le mucche, lo essicca nel suo impianto che consente di conservare integri tutti gli aspetti nutritivi del foraggio e, in particolar modo, i suoi aromi e profumi che poi si ritroveranno nel latte e quindi nel Parmigiano Reggiano.

Una ditta moderna che smaltisce i liquami delle oltre 700 mucche in un impianto a biogas che produce energia pulita che poi viene immessa in rete e ha nelle stalle un robot elettrico che si muove silenziosamente fra le corsie per avvicinare la razione alimentare agli animali.

Il latte viene poi portato nel caseificio dell’azienda di via Mandrio dove, ogni giorno, vengono prodotte 28 forme che vengono stoccate in un gigantesco e moderno magazzino per la stagionatura che ne contiene 22mila.

Ci accompagna a fare un giro nell’azienda il 26enne Lucio Rossi, figlio di Ubaldo che insieme ai cugini di terza generazione gestisce l’azienda. Lucio, inizialmente, non pensava di proseguire il lavoro del padre, ma poi, durante il Covid, è venuto a dare una mano in azienda, e si è innamorato di questo mondo.

Nel caseificio, fra gigantesche vasche da mille litri dove nasce il re dei formaggi, ci spiega le fasi di lavorazione del Parmigiano Reggiano.

Ci avviciniamo a una delle grandi caldaie che vengono utilizzate per produrre il Parmigiano Reggiano. Dai mille litri di latte che vengono versati qui dentro, si ricavano due forme di formaggio che, alla fine della stagionatura, saranno di circa 39 chili l’una.

Mentre Lucio parla, il casaro e i suoi aiutanti lavorano. Ogni tanto il casaro Simone, affonda la mano per sentire la consistenza della cagliata e capire come far procedere la cottura. Quando è il momento chiude il vapore e lascia che la cagliata si depositi sul fondo della caldaia dove “riposa” per circa un’ora. Durante questo tempo la cagliata si compatta in un’unica grande palla bianca che poi viene estratta dal casaro e viene divisa in due.

Spiega Lucio: “Questo non è ancora Parmigiano Reggiano e non è nemmeno ancora tosone. La sua consistenza è praticamente nulla. Queste grosse palle da 50 chili l’una vengono poi sollevate,  da una carrucola per essere messe  in una fascia di plastica. E’ la fascia di plastica nella quale vengono riposte con una pezza che le avvolge  che consentirà al formaggio di prendere “forma”,  la classica forma circolare del Parmigiano Reggiano. Restano tre giorni in una stanza in cui vengono voltate diverse volte al giorno”.

Continua Lucio: “Al termine di questo processo viene messa la fascia marchiante che imprime la caratteristiche scritte del Parmigiano Reggiano, la matricola, il mese, e l’anno in cui è stata fatta la forma.

Prima della fase di stagionatura che durerà 12-24-36 mesi, però, resta un altro procedimento fondamentale da eseguire: quello della salamoia. Le forme vengono messe dentro a dei cestelli e poi restano immerse per 21 giorni lì dentro. Qui, per osmosi, rilasciano siero e prendono sale che serve per conservare il formaggio e permettere al Parmigiano Reggiano le sue lunghe stagionature in magazzino. Il sale non serve a dare sapore, perché quello viene dato dai fermenti che lavorano all’interno del Parmigiano Reggiano.

Passiamo poi al magazzino dove vengono stagionate le forme. Il profumo, una volta all’interno, è favoloso, stordisce quasi. Il colpo d’occhio è spettacolare: davanti a noi ci sono migliaia di forme di Parmigiano Reggiano, impilate una sull’altra. Continua Lucio: “Ogni quattro mesi viene il battitore del Consorzio ed espertizza ogni singola forma. La osserva e, con un martelletto, la colpisce dappertutto per capire se dentro ci sono dei difetti. Questo garantisce che, all’interno, non abbia dei buchi e che la pasta sia piena e uniforme”.

Se tutto va bene, dopo 12 mesi, periodo minimo di stagionatura del re dei formaggi, viene apposto il bollo a fuoco del Consorzio del Parmigiano Reggiano. La forma può essere venduta o continuare il suo processo di stagionatura fino anche a 48 mesi e oltre.

Passiamo poi all’allevamento che è a qualche chilometro dall’azienda. Spiega Lucio: “Qui abbiamo circa 700 animali, di cui 320-350 sono in lattazione. I nostri animali nascono qui da noi e sono gli unici che poi daranno la produzione di latte per il nostro formaggio. Quindi è tutta una filiera controllata che parte dal foraggio dei nostri campi, che lavoriamo noi, che fornisce il cibo per i nostri animali che poi arriveranno a produrre latte per il nostro Parmigiano Reggiano. Un moderno laboratorio di confezionamento e grattugia ci consente poi di vendere direttamente tutta la nostra produzione in forme intere, in porzioni sottovuoto o in buste di Parmigiano Reggiano grattugiato. Le vendite sono indirizzate ad una varietà di clienti in Italia e nel mondo. La nostra clientela comprende infatti il dettaglio tradizionale, la grande distribuzione, ma oggi anche il consumatore finale con le forme di vendita on line che si sono sviluppate su larga scala negli ultimi anni con consegna del prodotto diretta al consumatore finale. Circa il 60% del nostro prodotto viene esportato in diversi paesi” (1 – continua).