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Campegine, la ricetta del Caseificio del Milanello: “Diventare grandi e rimanere antichi”

23 agosto 2024 | 09:29
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Campegine, la ricetta del Caseificio del Milanello: “Diventare grandi e rimanere antichi”

Oggi lavora 250mila quintali latte e produce ogni giorno circa 130 forme, ma fervono i lavori di ristrutturazione con nuove tecnologie

CAMPEGINE (Reggio Emilia) – Il Caseificio agricolo del Milanello Terre di Canossa di Campegine è nato nel 1936 con il contributo di produttori e agricoltori della zona. In seguito alla crisi del 1929 tanti piccoli caseifici privati della zona erano andati in crisi e avevano dovuto chiudere. Mettendosi insieme in cooperativa gli allevatori hanno trovato la forza di costruire un caseificio tuttora fiorente, quasi cent’anni dopo, rinomato e in continua crescita.

Anche il nome Milanello è un’eredità storica: nei primi del Novecento, infatti, molte delle terre delle campagne reggiane erano di proprietà di signori milanesi. Oggi come allora il Caseificio Agricolo Milanello produce Parmigiano Reggiano con attenzione e passione. Raccoglie il latte conferito da più di venti aziende socie della zona: il latte viene prodotto principalmente da vacche frisone, con l’aiuto di qualche Jersey e Bruna Alpina.

Oggi il Caseificio Agricolo Milanello lavora 250mila quintali latte e produce ogni giorno circa 130 forme e la prospettiva è di continua crescita, anche grazie a una base di aziende socie piene di giovani e di nuove energie. Attualmente l’azienda sta completando un grosso intervento di ristrutturazione che permetterà di diminuire lo sforzo fisico della manodopera e di produrre fino a 154 forme al giorno.

Attaccato al caseificio c’è anche il negozio dove viene venduto il Parmigiano Reggiano prodotto, ma anche burro, formaggi tipici e vini. Il fatturato, attualmente, è di oltre 20 milioni di euro e i dipendenti sono 15. I soci che conferiscono il latte sono una ventina e sono tutti della zona. Sono tutti molto attenti al benessere animale e sono tutti certificati.

Circa il 20 per cento del formaggio prodotto viene venduto nello spaccio e il restante in Italia. Circa un quarto della produzione va in Inghilterra e negli Stati Uniti.

Abbiamo fatto due chiacchiere con il casaro, Cristian Arati che lavora qui da otto anni. Ci racconta: “Lavoriamo tutto il latte di questa zona che ha un comprensorio di circa 8 chilometri. Produciamo più di 50mila forme all’anno, con una media di 145-150 forme al giorno. Siamo io e mia moglie, ma stanno iniziando ad arrivare anche i nostri figli. Questo è un lavoro che ti deve appassionare, altrimenti non lo fai. È un lavoro che, quando parti al mattino, devi sapere già cosa devi fare. Abbiamo 11 dipendenti: di questi 9 sono stranieri. Vengono da Algeria, Tunisia, Ucraina, Macedonia, Albania e Argentina. Negli anni abbiamo sempre cercato di avere le ultime tecnologie di produzione, come il fotovoltaico e la manipolazione dei formaggi in automatico. Andare avanti significa anche fare dei grossi passi con la tecnologia. Bisogna diventare grandi e rimanere antichi” (4 – continua).