
Il presidente del Parco Fausto Giovanelli lancia un appello alle istituzioni, alle associazioni e al mondo scientifico
REGGIO EMILIA – Ogni estate una particolare pianta acquatica, da molti confusa per un’alga, invade le acque del lago Calamone, sull’Appennino reggiano. Un segno concreto dell’effetto del cambiamento climatico, a cui il Parco nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano sta cercando una soluzione. Che non vada però a discapito dello stesso specchio d’acqua montano. Per questo il presidente Fausto Giovanelli lancia un appello alle istituzioni, alle associazioni e al mondo scientifico.
“Dobbiamo trovare una nuova soluzione che sia basata sulla natura – sostiene Giovannelli – che non sia negazione della vita, delle diverse sfaccettature e stagioni e della naturalità del Calamone stesso. Nel nostro territorio ci sono le competenze e gli strumenti per farlo. Non permetteremo che il lago diventi una distesa di miriofillo, ma neppure che diventi uno specchio d’acqua dall’immagine fissa, artificiale e in definitiva più povera di quelle sempre diverse che il Calamone continuamente ci regala”.
La pianta acquatica in questione si chiama appunto miriofillo e ogni anno, a causa del caldo, prolifera nel lago Calamone, che è di origine glaciale e attrae sempre migliaia di turisti. “Il Parco non può fare miracoli e non è da solo – avverte Giovanelli – il lago appartiene a tutti, fa parte del demanio acque e attorno c’è un’Accomandita, ci sono i Comuni, l’Unione montana, svariate associazioni, imprenditori che vivono di turismo, Università e istituti di ricerca”.
L’autunno scorso, ricorda il presidente del parco, sulla base delle indicazioni dell’Università di Parma, “abbiamo iniziato un intervento complesso di contenimento del miriofillo e abbiamo intenzione di proseguire lungo questo percorso. Sapevamo che non sarebbe stato risolutivo, ma che l’intervento avrebbe dovuto proseguire nei prossimi anni”.
Secondo Giovannelli, una delle possibili soluzioni per “trovare un nuovo equilibrio” nel lago Calamone potrebbe essere “sfruttare le caratteristiche del miriofillo stesso, anziché combatterlo radicalmente. Si potrebbe pensare di asportare fisicamente, e non semplicemente tagliare, tutti gli anni quantitativi consistenti di miriofillo e in questo modo utilizzarlo per togliere dal lago ingenti quantitativi di sostanza organica, che andrebbe ad accelerare il suo processo di eutrofizzazione. Si potrebbe fare adottando anche tecniche affinché in estate le piante acquatiche restino sotto il pelo dell’acqua e in questo modo restituire al lago il fascino di un corpo d’acqua esteso e limpido”.
Ogni anno, intorno al Calamone e alla pianta che lo invade, si scatena il dibattito. “Si ha infatti la convinzione che debba essere semplicemente tagliata per rendere il lago più simile a uno specchio d’acqua azzurra – sottolinea il Parco – ma il Lago Calamone non è una piscina”. Negli anni ’50, ricorda ancora il presidente, “su questo lago naturale è stato costruito uno sbarramento che ha esteso la sua superficie e ne ha innalzato il livello. Sulle sponde è stato costruito un grazioso rifugio, intorno il paesaggio è mutato profondamente con i pascoli che si sono trasformati in faggeta e rimboschimenti di conifere”. Sbarrando l’emissario del lago, però, si sono create “nuove zone d’acqua poco profonde, che durante la stagione estiva si scaldano molto e favoriscono la crescita di piante acquatiche che tendono a espandersi su un’area sempre più grande”.
Negli anni passati, ricorda ancora Giovannelli, “interventi di contenimento di questa vegetazione mediante sfalcio meccanico hanno prodotto effetti positivi effimeri. Le piante morte, marcendo, consumano ossigeno nell’acqua favorendo lo sviluppo di alghe”. Nel lungo periodo, quindi, “questa pratica ha finito per favorire ulteriormente le piante acquatiche – afferma il presidente del Parco – sono anche stati immessi i pesci più svariati, che contribuiscono all’eutrofizzazione, e poi molte specie vegetali a scopo ornamentale, ma anche in modo casuale”.
La situazione del lago Calamone è quindi “solo uno dei molteplici segnali che la natura ci invia – afferma Giovannelli – riguardo al fortissimo riscaldamento che il nostro Appennino sta subendo. Laghi con acque sempre più calde e sempre meno limpide, foreste di conifere completamente disseccate da attacchi massicci di bostrico e faggete in crisi per le gelate tardive e le troppo alte temperature estive. Occorrono ora nuovi sistemi nella gestione di un equilibrio possibile, tra la nuova realtà e le pur legittime aspettative. Il lago Calamone è un ecosistema complesso e sensibile. Come i piccoli laghi risente di clima, temperatura, stagioni e persino animali, vegetali ed esseri umani attorno ad essi”.