
Sono un 20enne italiano e un coetaneo albanese che, sulla via Emilia, il 9 ottobre scorso, avevano assaltato due automobilisti
REGGIO EMILIA – Svolta nelle indagini della Questura di Reggio Emilia sui fatti che, all’alba del 9 ottobre scorso, hanno gettato nel panico la frazione di Pieve Modelena.
Un italiano di 20 anni incensurato, e un albanese 19enne, con precedenti per reati contro il patrimonio e già destinatario di un avviso orale emesso dal questore Giuseppe Maggese, sono stati arrestati su mandato del Gip e si trovano ora in carcere con l’accusa di rapina pluriaggravata in concorso. I giovani sono anche indagati per ricettazione di veicolo rubato e omissione di soccorso.
In particolare, come ricostruito dalle indagini svolte dagli uomini della squadra Mobile i due, dopo aver trascorso la notte in un locale di Corte Tegge, stavano percorrendo via Fratelli Cervi a bordo di una Fiat Punto rubata nel luglio scorso a Reggio Emilia. Durante il tragitto – non si esclude in preda ai fumi dell’alcol o per aver assunto degli stupefacenti – sono rimasti coinvolti in un incidente a causa di un sorpasso azzardato. Ma, invece di prestare soccorso all’altro automobilista, sono fuggiti a piedi. Rimasti illesi nonostante la loro auto fosse finita in una scarpata, gli indagati hanno poi bloccato il traffico e costretto un primo conducente a consegnargli il suo veicolo (una Dahiatsu nera) minacciandolo.
In seguito, con il cappuccio della felpa calato sul capo e uno indossando anche un cappellino, hanno aggredito una seconda donna ferma al semaforo colpendola violentemente nel tentativo di rubare la sua auto (una Panda). La vittima ha però opposto resistenza e, aggrappandosi al volante con la forza della disperazione, ha complicato i piani dei rapinatori. Questi, non riuscendo a governare la macchina rubata e avendo urtato contro un ostacolo, si sono infine dileguati a piedi nel quartiere.
Le indagini “si sono svolte in maniera tradizionale visionando le telecamere di sorveglianza e ascoltando le testimonianze dei presenti”, spiega il questore di Reggio Maggese. Accompagnato dal dirigente della Mobile Andrea Napoli e dalla dirigente dell’uffficio tecnico logistico Emirena Sfregola, il questore aggiunge: “Non ci è sembrata un’azione organizzata, quanto piuttosto quella di due balordi dettata da un moto di bravata”.
I ragazzi vivevano infatti a casa dei genitori, in città. Secondo Maggese, però, “ci sono sempre più episodi in cui compare l’elemento della violenza gratuita, non strumentale al reato predatorio. Stiamo cercando di capire i motivi, ma su questo va aperta una riflessione”.