Reggio Emilia, un fiume di cemento: spariti 222 ettari di suolo in tre anni

Sono oltre 2 milioni di metri quadrati di terreno che sono scomparsi, corrispondenti a circa 300 campi da calcio
REGGIO EMILIA – In tre anni, in provincia di Reggio Emilia, tra il 2019 e il 2022 è stato consumato suolo per 222 ettari. Sono oltre 2 milioni di metri quadrati di terreno, corrispondenti a circa 300 campi da calcio. E’ quanto si evince dai dati del rapporto Ispra di Legambiente 2023, l’ultimo a disposizione.
Nel 2021-22 il solo Comune di Reggio Emilia ha avuto un incremento netto di 46,29 ettari (462mila metri quadrati, l’equivalente di 65 campi da calcio) che ci pone al secondo posto in questa poco esaltante classifica dopo quello di Piacenza che ha consumato 54,92 ettari in più. E’ quasi il doppio rispetto al terzo capoluogo in classifica, Parma, che si ferma a 26,04.
Il consumo di suolo in Italia, secondo il rapporto Ispra 2023, ha segnato un altro “annus horribilis” nel 2022, con una perdita media di 19,4 ettari di suolo al giorno, il dato più alto dal 2012. In Emilia-Romagna, il fenomeno è particolarmente grave: con 635,44 ettari di suolo perso, la nostra regione si posiziona quarta a livello nazionale. Nonostante la legge urbanistica regionale e la mancanza di una reale pressione demografica, il consumo di suolo continua a crescere a ritmi elevati, con un incremento netto superiore dell’8% rispetto alla media degli ultimi sei anni.

Secondo i dati Ispra, il consumo di suolo marginale in Emilia-Romagna, calcolato rispetto alla variazione demografica, evidenzia un grave squilibrio: per ogni abitante “perso” nel 2022, sono stati consumati 468 metri quadrati di suolo, una quantità ben oltre la media nazionale di 343 metri quadrati per abitante. Questo disaccoppiamento tra sviluppo demografico e consumo di suolo è, secondo Legambiente Emilia-Romagna, indicativo dell’impatto dei settori economici, specialmente della logistica, che è responsabile del 7,7% del consumo totale di suolo nella regione tra il 2006 e il 2022.
Le province che hanno registrato i più alti incrementi di consumo di suolo netto nel 2022 sono state Piacenza (128,99 ettari), Bologna (117,71) e Parma (92,04), con comuni come Piacenza, Reggio Emilia e Parma in cima alla lista degli incrementi comunali. Le maggiori variazioni si riscontrano, infatti, in aree dove sono stati realizzati nuovi insediamenti logistici, come il Polo Logistico di Lippo a Calderara di Reno, che ha comportato un consumo di 16 ettari di suolo. L’Emilia-Romagna si trova così in cima alla classifica nazionale per il consumo di suolo legato a questo comparto tra il 2021 e il 2022, con 126 ettari dedicati a nuove infrastrutture logistiche.
A fronte di questa continua crescita, la pianificazione urbanistica stenta ad avanzare: al marzo 2023, solo 13 comuni su 330 avevano approvato il Piano Urbanistico Generale (Pug), una cifra aumentata a soli 21 nel giro di sette mesi. Legambiente Emilia-Romagna sottolinea come l’espansione dei poli logistici e il mancato avanzamento della pianificazione comunale siano segnali del fallimento della legge urbanistica del 2017, che si è rivelata insufficiente nel mitigare le pressioni su suoli agricoli e naturali della regione.

Giova ricordare che, cementificare sempre di più, significa peggiorare gli effetti del cambiamento climatico dato che il cemento e l’asfalto non fanno passare l’acqua che finisce in tombini e fossi e, da lì, nei fiumi e nei torrenti ingrossandoli. A peggiorare il tutto ci sono torrenti che scorrono in argini sempre più stretti ed alti (l’argine del Crostolo, dove si è rotto a Cadelbosco Sotto, sarà alto quasi 15 metri) con, a fianco, case, allevamenti e industrie, in zone potenzialmente pericolose, che vengano allagate immediatamente in caso di esondazione.