Ucraini e filoputiniani, il conflitto nel cuore di Reggio Emilia



Per un pomeriggio, in mezzo ai reggiani ignari che andavano a caccia degli ultimi saldi, la nostra città ha ospitato le contraddizioni della guerra
REGGIO EMILIA – Un centinaio di persone in piazza, soprattutto ucraini, a manifestare in piazza Prampolini contro la presentazione del libro di Putin e altrettante all’hotel Posta dove è avvenuta la presentazione del volume. Da una parte i cori contro il presidente russo e i cartelli che lo raffigurano come un novello Hitler e, dall’altra, l’ex ambasciatore Bruno Scapini e l’editore del libro Francesco Toscano che spiegavano al pubblico le motivazioni per cui Putin ha deciso di invadere la Russia (foto e video di Bucaria).
Per un pomeriggio, in mezzo ai reggiani ignari che andavano a caccia degli ultimi saldi, Reggio Emilia ha ospitato le contraddizioni del conflitto ucraino che sta dilaniando l’Europa: da una parte i giustificazionisti rossobruni e, dall’altra, gli ucraini che considerano Putin un dittatore e un invasore.

In piazza hanno parlato a favore dell’Ucraina Gianluca Grassi (Mondinsieme), Gianluca Cantergiani e Ada Francesconi (Pd), Italia Viva, +Europa e il Psi, mentre le Donne in nero erano presenti, ma posizionate più in là con uno striscione che inneggiava alla pace. C’era anche la polizia e la Digos che hanno vigilato che non accadesse nulla, ma la situazione era molto tranquilla.

Dzvina Gladun, rappresentante della comunità ucraina, ha detto a Reggio Sera: “Sappiamo che la propaganda e la disinformazione russa lavorano molto bene. Purtroppo sappiamo anche che questo tema è molto attuale in Italia e oggi siamo qui perché c’è chi non è del tutto convinto o non ne sa tantissimo di questo di questo tema. Il messaggio di Putin è che noi, russi, ucraini e bielorussi, siamo tutti un unico popolo e siamo fratelli, ma è molto subdolo. È un messaggio fortemente imperialistico su cui si basa la guerra di Putin in Ucraina. Dei tre popoli ne dovrà rimanere uno solo e questo avverrà per assimilazione o per sterminio”.
Continua Dzvina: “Dobbiamo essere consapevoli di ciò che sta succedendo. A pochi metri da noi, in questo momento, avviene una cosa che non riguarda solo la libertà di stampa e la libertà di parola. Io non credo che normalizzare le tesi di un assassino, su cui pende un mandato di cattura della Corte internazionale dell’Aia, sia del tutto normale. Non credo che sia normale abituarsi a queste tesi e chiamarle contronarrazione oppure tesi non mainstream. Lo sciovinismo, il razzismo e l’imperialismo non sono i valori della comunità ucraina e sicuramente non sono quelli della comunità europea a cui apparteniamo”.

Se le si domanda se si aspettava una maggiore presenza dei partiti reggiani in piazza e, magari, anche quella del sindaco, Dzvina aggiunge: “Sì, ce lo aspettavamo, ma c’è da dire che il preavviso è stato poco ed è stato tutto organizzato un po’ in fretta. Comunque apprezziamo la presenza dei partiti che sono venuti (+Europa, Italia Viva, Possibile e, in rappresentanza del Pd, il consigliere comunale Ada Francesconi). Noi, comunque, sappiamo che Reggio ci è vicina e che noi apparteniamo a questa città”.
Dall’altra parte invece, nella sala del Capitano del Popolo, si è tenuto l’evento, organizzato da Pietro Braglia (presidente del Comitato esodati ex di Rifondazione comunista) che ha visto come relatori l’editore Francesco Toscano e Bruno Scapini di Democrazia Sovrana Popolare.

Abbiamo intervistato Svetlana, una donna ucraina che vive in Italia e lavora come commerciale con il suo paese per conto di aziende italiane. Ci racconta: “Il 22 febbraio 2022 ero lì per lavoro e ho visto la gente riempire le valigie e andare verso l’ignoto. Anche io passavo con loro il confine, ma sapevo dove andare. Credo che chi sta manifestando in piazza contro questa conferenza, se mi sentisse ora, mi darebbe anche ragione. Io ho dei parenti là, in quella guerra, forzatamente arruolati che, dalle loro trincee, implorano solo la pace. Non come questi manifestanti in piazza che vivono qui in pace. Il Donbass dovrà essere sicuramente ceduto alla Russia, perché, altrimenti, sarà sempre rivendicato”.
E conclude: “Da certi partiti filonazisti ho sentito dire, esplicitamente, che un milione e mezzo di cittadini del Donbass devono morire. Ho amici che sono andati a combattere in Donbass e che mi hanno detto: ‘Cosa stiamo facendo, stiamo ammazzando i nostri’. Non è vero che il popolo del Donbass subiva una repressione dai russi, ma dagli ucraini e sotto una propaganda ben costruita”.