
La legale dell’associazione: “Per noi la tortura ci fu eccome”
REGGIO EMILIA – Antigone dell’Emilia-Romagna esprime delusione per la sentenza di primo grado arrivata ieri contro 10 agenti Polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Reggio Emilia, condannati per il pestaggio di un detenuto avvenuto ad aprile di due anni fa. Nel processo in cui l’associazione si era costituita parte civile, infatti, gli imputati sono stati ritenuti colpevoli, anche perché immortalati dalle telecamere della casa circondariale. Ma nei loro confronti sono state emesse pene più lievi di quelle chieste dal pubblico ministero, essendo venuta meno l’ipotesi del reato di “tortura”.
Al di là di questo, commenta però la presidente di Antigone regionale Giulia Fabini “ciò che rileva sono i gravissimi episodi documentati nel corso del processo, che hanno mostrato inequivocabilmente le pratiche violente agite in quel penitenziario”, restituendo “un contesto penitenziario deteriorato che si pone nel drammatico solco di quanto già accaduto in altri penitenziari italiani”.
Le “immagini documentate nel processo di Reggio Emilia, così come quelle documentate ad esempio a Santa Maria Capua Vetere e a Torino, ben oltre la sentenza di oggi, non possono lasciare indifferenti e devono condurre a una riflessione politica”, aggiunge Fabini. Sulla stessa linea l’avvocato Simona Filippi responsabile del contenzioso legale di Antigone che commenta: “Siamo amareggiati perché quanto emerso nel corso del processo, anche tramite il video, restituisce quello che noi continuiamo a ritenere un grave episodio di tortura”.
Come già avvenuto in altri processi, Antigone aveva deciso di costituirsi parte civile nel processo “per poter sottolineare quanto sia fondamentale garantire alle persone detenute i diritti che le leggi italiane garantiscono loro, ad iniziare dal diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti, così come riporta l’articolo 13 della Costituzione”, aggiunge Filippi.