Saman, l’appello: la madre in aula con il velo e il capo chino

Sono arrivati anche il padre, lo zio e i cugini: la corte d’assise vieta le riprese in aula
BOLOGNA – Ha attraversato il cortile della Corte d’appello di Bologna a capo chino, indossando un velo e con il volto coperto da una mascherina chirurgica, Nazia Shaheen, la madre di Saman Abbas che oggi per la prima volta entra in un’aula giudiziaria nell’ambito del processo che la vede imputata per l’omicidio della figlia. In aula sono arrivati anche il padre di Saman, Shabbar Abbas, lo zio della ragazza, Danish Hasnain, e i due cugini.
Shaheen non ha mai alzato lo sguardo, neppure quando il marito, anch’egli con il capo coperto dal cappuccio di un giaccone verde, è entrato in aula. Entrambi sono stati condannati all’ergastolo in primo grado, mentre lo zio ha avuto una condanna a 14 anni, e oggi sono in aula per la prima udienza del processo di secondo grado in Corte d’Assise d’appello, presieduta dal giudice Domenico Stigliano. Saman fu uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, nella notte fra il 30 aprile e l’1 maggio 2021.
“Lo zio Danish è l’unico imputato a trovarsi in una posizione ambivalente”, in quanto “ha proposto appello chiedendo l’assoluzione e subisce anche l’appello della Procura che chiede di riapplicarsi le aggravanti disapplicate su mia richiesta in primo grado. Se fosse una partita di calcio si direbbe ‘zero a zero, palla al centro’, perché può succedere di tutto, dall’assoluzione fino all’ergastolo”. A dirlo, parlando con i cronisti prima dell’udienza del processo d’appello sull’omicidio di Saman Abbas, è l’avvocato Liborio Cataliotti, difensore di Danish Hasnain, lo zio della ragazza, condannato in primo grado a 14 anni.
Per gli altri imputati, aggiunge Cataliotti, “la partita è diversa. Ci sono due fronti contrapposti: Shabbar e Nazia (i genitori di Saman, entrambi condannati all’ergastolo in primo grado, ndr) hanno fatto appello, e per converso la Procura ha appellato avverso l’assoluzione degli altri due imputati (i cugini della ragazza, ndr)”. Da parte sua, il legale si dice convinto “che le prove raccolte in primo grado siano ampiamente sufficienti: non credo sia necessario il rinnovo dell’istruttoria, ritengo ineccepibile la sentenza che pone un solo dubbio”, vale a dire “se Danish sia arrivato prima dell’esecuzione dell’omicidio o immediatamente dopo, un dubbio dichiaratamente irrisolto dalla sentenze e che secondo me può fare la differenza”. Per Cataliotti, infine, “la variabile impazzita sono le dichiarazioni degli imputati: Abbas ha già parlato, la vera novità è la presenza in aula di Nazia, che non avendo partecipato al dibattimento di primo grado sarebbe elemento dirompente e nuovo del processo”.
La Corte d’Assise d’appello di Bologna, presieduta dal giudice Domenico Stigliano, ha deciso di vietare l’ingresso delle telecamere in aula Bachelet, dove oggi è iniziato il processo d’appello sull’omicidio di Saman Abbas, la 18enne uccisa a Novellara, nel reggiano, tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021. Nel processo sono imputati i genitori, lo zio e due cugini della ragazza. La Procura generale, rappresentata dall’avvocato generale dello Stato Ciro Cascone, si era detta favorevole alle riprese, sottolineando la rilevanza sociale del procedimento.
La Corte, invece, ha ritenuto che il diritto di cronaca fosse adeguatamente garantito dalla presenza in aula dei giornalisti, anche senza telecamere. Dopo aver letto l’ordinanza, quindi, Stigliano ha chiesto alle Forze dell’Ordine di verificare che in aula non ci fossero telecamere e che nessuno facesse riprese. In questo momento l’udienza sta procedendo con la lettura della relazione che riassume l’intera vicenda da parte del giudice a latere (Fonte Dire).