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Metalmeccaniche reggiane salari più bassi degli uomini

6 marzo 2025 | 15:40
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Metalmeccaniche reggiane salari più bassi degli uomini

La retribuzione in media è il 16% più bassa dei colleghi maschi. La Fiom: “La risposta alle storture è nel contratto collettivo”

REGGIO EMILIA – A cominciare dal salario le donne hanno condizioni di lavoro peggiori degli uomini nelle aziende metalmeccaniche della provincia di Reggio Emilia. Ma il divario di genere scema dove è più forte la contrattazione collettiva. E’ quanto emerge da un’analisi realizzata in vista dell’8 marzo della Fiom-Cgil provinciale, basata sul “rapporto biennnale sulle condizioni del personale maschile e femminile”.

Un documento che, per legge, sono tenute a presentare tutte le aziende con più di 50 addetti. In particolare il sindacato ha analizzato i rapporti di 130 realtà del settore, che impiegano più di 37.000 lavoratori (circa tre su quattro delle tute blu reggiane). Si tratta quindi “di un’analisi a tappeto che dà informazioni precise, oggettive, con informazioni date dalle aziende”, sottolinea il segretario provinciale della Fiom Simone Vecchi.

Lo studio, curato da Florencia Sember del centro studi della Cgil, rivela in primo luogo che il settore metalmeccanico reggiano è a predominanza maschile. Solo il 23% delle occupate è donna. E la retribuzione in media è il 16% più bassa dei colleghi maschi. Il dato è migliore rispetto a quello degli altri settori privati in cui le donne sono retribuite il 22% in meno della media. La disparità deriva da molti fattori. Innanzitutto le donne sono concentrate nelle qualifiche più basse, essendo uomini il 92% dei dirigenti e l’85,4% dei quadri aziendali.

“Le posizioni di potere sono ancora in mano agi uomini così come le retribuzioni più alte”, spiega Sember. Ma anche all’interno delle qualifiche “alte” le donne hanno retribuzioni inferiori. Concentrandosi su impiegati e operai (dove si colloca il 97% delle lavoratrici), si nota poi che le impiegate donne guadagano oltre 11.000 euro in meno all’anno rispetto agli uomini. L’equivalente di tre mensilità e mezzo.

“E’ come se fino al 12 aprile lavorassero gratis”, commenta ancora l’autrice dello studio. La differenza salariale, per le operaie con i colleghi maschi, ammonta invece a 4.600 euro (due mensilità). “Le differenze tra le retribuzioni maschile e femminile che abbiamo trovato si devono in gran parte alle componenti accessorie: supermininimi e straordinari soprattutto, ma anche premi di produttività”, continua Sember.

Il divario di genere è poi maggiore tra gli impiegati che negli operai “perché nel salario degli operai incide molto di più la contrattazione collettiva e in quello degli impiegati le componenti accessorie che sono stabilite in modo unilaterale dall’azienda o contrattate individualmente dai lavoratori”. La contrattazione collettiva “riduce quindi le diseguaglianze”, afferma la Fiom. Nel caso delle impiegate, infatti, le componenti accessorie degli uomini “pesano” il doppio di quelle delle donne che, ad esempio, hanno 244 euro in meno di superminimi. Altro tema affrontato è poi quello del lavoro part time, utilizzato da 17% delle donne a fronte di 1,3% degli uomini.

“Nel settore metalmeccanico il part time viene di solito richiesto e non è imposto dall’azienda. Ma questo non vuol dire che sia ‘volontario’ perché le donne hanno sulle spalle anche i carichi domestici e della cura dei familiari”, viene spiegato. Lo confermano anche i dati del congedo parentale: le donne ne usufruiscono più del doppio degli uomini. Nel caso delle operaie la componente accessoria più importante è invece quella degli straordinari. Le metalmeccaniche ne fanno di meno e, nel confronto con gli uomini, guadagnano un terzo in meno con le ore “extra”.

Infine il salario accessorio degli uomini risulta più alto del 60% tra gli operai e del 50% tra gli impiegati. La risposta a queste storture, “è nel contratto collettivo perché tutte le risorse che si riescono ad allocare per rendere uguali i trattamenti sono anche drenate da quelle che l’azienda può distribuire in modo unilaterale” concludono Simone Vecchi e Luana Mazza, della segreteria organizzativa della Fiom.