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E’ morto Alberto Franceschini, fondatore reggiano delle Br

26 aprile 2025 | 20:45
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E’ morto Alberto Franceschini, fondatore reggiano delle Br

E’ scomparso a 77 anni, a Milano, l’uomo che, insieme a Curcio, diede vita al partito armato che insanguinò l’Italia per oltre un decennio

MILANO – Si è spento l’11 aprile scorso, a 77 anni, a Milano, Alberto Franceschini, uno dei fondatori storici delle Brigate Rosse, tra i primi ad essere arrestato, processato e condannato per la lotta armata in Italia. Franceschini, negli ultimi anni, era diventato una voce critica sulle dinamiche interne delle Br, in particolare sul caso Moro.

Nato a Reggio Emilia nel 1947, Franceschini rappresentava l’anima “post-resistenziale” del terrorismo italiano: cresciuto nei circoli della Federazione Giovanile Comunista Italiana e del Pci, si formò ascoltando i racconti dei partigiani emiliani che tramandavano il mito della “rivoluzione interrotta”. Una cultura della Resistenza che, negli anni ’70, si sarebbe trasformata per lui in clandestinità e lotta armata.

Nel 1970, dopo aver abbandonato il Partito Comunista, bruciò la sua carta d’identità e raggiunse a Milano Renato Curcio e Mara Cagol, gettandosi nel progetto rivoluzionario delle Brigate Rosse. Uno dei partigiani della sua città gli affidò una vecchia pistola Luger tedesca, che Franceschini avrebbe usato nel 1972 durante il primo sequestro-lampo delle Br, ai danni del dirigente Sit Siemens, Idalgo Macchiarini. Quel gesto segnò l’ingresso delle Br nella storia del terrorismo politico italiano.

Nel 1974, fu protagonista del sequestro del pm genovese Mario Sossi, il primo colpo delle Br a livello nazionale. Poi si trasferì a Roma per pianificare il rapimento di Giulio Andreotti, progetto mai realizzato perché, a settembre dello stesso anno, venne arrestato con Curcio dai carabinieri guidati dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa, grazie al tradimento di un infiltrato, il “frate Mitra”.

Mentre Curcio fu liberato cinque mesi dopo da un commando brigatista, Franceschini rimase in carcere, detenuto nelle carceri speciali dell’Asinara e di Badu ‘e Carros in Sardegna. In prigione aderì inizialmente alla linea dura del “Partito Guerriglia”, ma negli anni ’80 scelse di dissociarsi dalla lotta armata, senza però mai collaborare apertamente con la giustizia.

La sua testimonianza è raccolta nel libro “Mara, Renato e io”, scritto con il giornalista Pier Vittorio Buffa. Negli anni successivi, Franceschini prese progressivamente le distanze non solo dalla storia ufficiale delle Br, ma anche dalle versioni fornite dai suoi ex compagni. In particolare, criticò la gestione interna delle Br dopo il suo arresto e mise in discussione le verità emerse sul caso Moro, parlando apertamente di “manovre esterne” e “poteri occulti” che avrebbero condizionato la storia dell’organizzazione.

“Le dinamiche non sono quelle raccontate da Moretti e Morucci, non c’è mai stata piena chiarezza”, ripeteva spesso, sostenendo che le Brigate Rosse furono in parte manovrate da forze esterne.