“Best Regards”, l’omaggio di M. D’Agostin a Nigel Charnock

Date Evento
Il 24 ottobre
Dalle 18
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Ingresso
EVENTO A PAGAMENTO

Evento concluso

Domenica 24 ottobre, ore 18, al Teatro Cavallerizza

“Best Regards”, l’omaggio di M. D’Agostin a Nigel Charnock

REGGIO EMILIA – Best Regards è una lettera scritta a qualcuno che non risponderà mai, un esercizio di memoria, una danza all’ombra (o alla luce) di Nigel Charnock, l’incredibile performer e co-fondatore di DV8 Physical Theatre, scomparso nel 2012. Marco D’Agostin, al Festival Aperto, domenica 24 ottobre, ore 18, Teatro Cavallerizza, ne celebra la memoria con uno spettacolo di intrattenimento disperato, senza nostalgia, cercando di porre a sé e al pubblico la stessa domanda: cosa scriveresti a qualcuno che non leggerà mai le tue parole?

Best regards (il titolo allude alla formula convenzionalmente utilizzata per concludere le lettere) è uno spettacolo di danza e narrazione che muove da una lettera mai recapitata che la danzatrice e coreografa Wendy Houstoun scrisse al suo amico e collega Charnock pochi giorni prima che lui morisse e dall’incontro di Marco D’Agostin con Charnock nel 2010.

“Un incontro – dice lo stesso D’Agostin – che ha segnato in modo netto il mio modo di pensare la danza. Nigel rappresentava ai miei occhi la possibilità che in scena tutto potesse accadere ed esplodere”. Best regards è la lettera che scrivo, con 8 anni di ritardo, a qualcuno che non risponderà mai. È un modo per dire: Dear N, I wanted to be too much too (“Caro N, anch’io volevo essere troppo). Ogni lettera, infatti, viaggia da un presente a un altro che potrebbe non trovare ad aspettarla. Da questo presente io rivolgo a tutti gli spettatori lo stesso invito: cantiamo assieme di una nostalgia che ci riguarda, noi che non siamo arrivati in tempo per dire quello che volevamo. All’ombra del tempo scaduto, e sotto la luce che Nigel continua a proiettare sulla scena di chi oggi danza, facciamo risuonare un ritornello martellante, spieghiamo di fronte ai nostri occhi un foglio bianco e chiediamoci: come la cominciamo, questa lettera impossibile?”.