Festival Aperto, “Gli anni”: un invito a giocare con la memoria

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Dal 5 novembre al 6 novembre
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Evento concluso

Marco D’Agostin mette in scena Marta Ciappina, interprete unica, in un viaggio che fa la spola tra passato e presente di ognuno. Al teatro Ariosto sabato 5 alle 19 e domenica 6 alle 17

Festival Aperto, “Gli anni”: un invito a giocare con la memoria

REGGIO EMILIA – Qualcuno ha scritto che c’è una distanza incolmabile tra quel che è successo un tempo e il modo in cui ci appare ora, ammantato di una strana irrealtà. La coreografia de “Gli anni”, di Marco D’Agostin, in scena sul Palcoscenico del Teatro Ariosto sabato 5 novembre, ore 19 e domenica 6 novembre, ore 17, è costruita per tentare di ricucire questo strappo: l’incandescente storia di un singolo – Marta Ciappina, interprete unica per itinerario artistico e peculiarità tecniche nel panorama della danza italiana – invita gli spettatori a giocare con la propria memoria.

Il corpo di Marta – la sua è una danza che sgorga al punto d’incontro tra il rigore del gesto tecnico e un’emotività sanguinolenta – e gli occhi di chi la guarda intraprendono un viaggio che fa la spola tra il presente – il momento della performance, irripetibile incontro romantico – e il passato di ognuno, in una trama di andate e ritorni che confonde le storie, le canzoni e i ricordi. Su palco e platea si stende lenta l’ombra di un romanzo: l’invito è a scriverlo assieme, un’opera a cento mani che ci esorti ad attraversare le rovine guardando in alto.

D’Agostin, attivo nel campo della danza e della performance, vincitore del Premio UBU 2018 come Miglior Performer Under 35 e artista Associato del Piccolo Teatro di Milano per il Triennio 2022 – 2024, scrive di questo spettacolo: “Negli ultimi anni le mie opere assumono sempre più frequentemente un andamento narrativo, ma quali sono le forme non esplicite che un racconto può assumere in un ambiente coreografico? L’ambizione che vado rincorrendo è quella di rintracciare segni e mobilità slacciate dalle nostre iconografie e dagli schemi di riferimento, e che pure traghettino verso lo spettatore il peso specifico di una storia. Cerco dispositivi, formati e danze che si facciano carico del peso delle biografie, generando letture e interpretazioni ampie e popolari”.