REGGIO EMILIA – Con Gabbiano, in scena per la Stagione di Prosa martedì 23 e mercoledì 24 febbraio, ore 20.30, al Teatro Ariosto, Anton Čechov ci consegna una storia di sogni, di autoinganni, di vite fatte di scrittura, teatro e letteratura,di ordinarie vite immaginarie.
Un giovane teatrante pieno di dubbi sulla necessità del fare teatro oggi, un famoso scrittore che si interroga sulla necessità o meno di scrivere, una giovane ambiziosa che sogna il successo, una donna di successo che non sogna, un’umanità che desidera essere personaggio, personaggi che si specchiano in un lago che mostra la loro misera umanità, in un dramma di atti mancati, di gesti abbozzati, di destini incrociati, di passioni elementari e insostenibili. Un grande classico diretto da Carmelo Rifici, con Fausto Russo Alesi nel ruolo di Boris Alekseevič Trigorin
“Perché scegliere di fare Gabbiano? – scrive nelle note di regia Rifici – E’ la domanda che continuo a farmi, alla quale non ho risposta. Almeno non una. Intanto è un Classico e questo mi permette di lavorare sulla memoria di un testo che ho sempre amato, su cui ho sempre lavorato, sul quale ho fatto centinaia di ipotesi, che ogni volta cambiano e si contraddicono. In secondo luogo mi viene da dire che Gabbiano parla di cose che tutti sanno: di rapporti familiari, di conflitti e di delusioni, senza averne consapevolezza. Entrare in un mondo familiare e vedere che ogni volta ti mostra qualcosa che non avevi notato dà la curiosa sensazione di visitare un universo conosciuto e, al tempo stesso, misterioso: “Čechov è talmente semplice che fa paura”, diceva Gor’kij. Gabbiano è veramente un testo misterioso: ci mostra un’umanità, una famiglia che non riesce mai ad essere sincera e che, per riuscire a convivere, deve continuamente mentire e immaginarsi di essere qualcosa che non è”.