“Paradiso” di Virgilio Sieni: un cammino dall’umano al divino

Date Evento
Il 20 novembre
Dalle 20.30
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Evento concluso

Tra incanto di gesti sospesi, luminosità improvvise e la costruzione di un giardino, sabato 20 novembre, ore 20.30, al Teatro Ariosto, il coreografo e artista celebra il 700esimo di Dante al Festival Aperto

“Paradiso” di Virgilio Sieni: un cammino dall’umano al divino

REGGIO EMILIA – Il Paradiso, che Virgilio Sieni porta al Festival Aperto sabato 20 novembre, ore 20.30, al Teatro Ariosto, nel 700esimo anniversario di Dante, è un cammino dall’umano al divino, dal tempo all’eterno. Danzatore e coreografo, artista molto attivo in ambito internazionale, Sieni racconta il cammino di Dante attraverso l’incanto di gesti sospesi e luminosità improvvise.

Lo spettacolo è la costruzione di un giardino e non riporta la parola della Divina Commedia, non cerca di tradurre il testo in movimento, ma si pone sulla soglia di una sospensione.

La prima parte presenta la costruzione di un giardino fisico di gesti. Quintetto fisico che traccia il suolo di passi, intesi come piantumazioni di un giardino immaginario. La coreografia è costruita per endecasillabi di movimenti dove i versi della danza ritrovano il risuonare della rima da una terzina all’altra.

La coreografia immagina e materializza corpi fuori dal corpo, ripercorrendo le nodature e le striature muscolari, facendo emergere un contesto dove le piante riflettono la loro presenza in emanazione luminosa. I danzatori creano un gioco di vicinanze e di prossimità, stabilendo una nuova forma di contatto, dove il tocco non tange la pelle ma lo spazio dei corpi.

Nella seconda parte tutto avviene cercando nel respiro delle piante la misura per costruire un giardino quale traccia e memoria dei gesti che lo hanno appena attraversato. La vicinanza con la natura ci immerge in un limite che sembra un gioco ritrovato: sono loro, le piante, a scegliere e a determinare i gesti, le misure, le ombreggiature, le sparizioni. La coreografia è costruita portando, sollevando e depositando le piante nello spazio. Le piante, la cosa alta, restituiscono il vero senso della danza, la lingua penultima: dialettale e popolare, in grado di mettere in dialogo le persone secondo declinazioni astratte, simboliche, inventate e immediatamente inscritte nella memoria.