Triple, una danza per raccontare la diversità

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Il 1 marzo
Dalle 20.30
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Tre coreografie di Richard Seagal (All for one, Metric Dozen e My Generation) per raccontare la diversità fisica, sessuale, culturale: martedì 1 marzo alle 20.30

Triple, una danza per raccontare la diversità

REGGIO EMILIA – Una danza per raccontare la diversità, fisica, sessuale, culturale. È il progetto di Richard Siegal, coreografo americano tra i più innovativi della scena attuale, che ha fondato il Ballet of Difference a Monaco nel 2016. All’attivo Siegal, scelto anche dal Tanztheater Wuppertal, ha collaborazioni con William Forsythe a Francoforte, residenze in luoghi culto come il Baryshnikov Arts Center di New York e il Bennington College, coreografie per compagnie internazionali, riconoscimenti come il New York Dance and Performance Bessie Award.

Con la serata in tre parti dal titolo Triple, in scena martedì 1 marzo, ore 20.30, al Teatro Ariosto per la Stagione della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Richard Siegal disegna una linea di connessione tra le sue coreografie di successo internazionale degli ultimi anni e un recente lavoro con il Ballet of Difference.

All for one, la sequenza di apertura di 20 minuti di Two for the show, danzato sulle punte, è stata presentata la prima volta ad aprile 2021. Su una radiante e opulente scenografia, che Siegal sviluppa insieme al light designer Matthias Singer, e con i costumi futuristici di Flora Miranda, il coreografo rivela la sua fede incessante nel potere dell’arte.

Metric Dozen, originariamente creato per il Ballet National de Marseille, è forse la coreografia più veloce di Siegal: senza fiato, con tempi quasi disumani, i danzatori girano attraverso l’oscurità del palcoscenico e aprono la vista sul “futuro della danza” (Süddeutsche Zeitung).

Con My Generation, che il coreografo americano ha messo in scena per la compagnia Cedar Lake di New York nel 2015, il finale si trasforma in una festa disordinata con i costumi sgargianti del fashion designer Bernhard Willhelm. Musicalmente inquadrato come una critica ironica all’industria del pop, la coreografia si carica di una sorta di “elettricità lampeggiante”